La qualità complessiva del pesce è profondamente legata a quella microbiologica ed organolettica. La verifica dello stato di freschezza di tali prodotti è sempre stata basata principalmente sull’aspetto organolettico. Infatti, la legislazione, sia comunitaria che nazionale, si basa essenzialmente sul controllo organolettico per definire la fine della vita commerciale del pesce. Si è passati, nel tempo, dallo schema di valutazione Artioli-Ciani, che prevedeva una suddivisione del pescato in 4 categorie in base alle osservazioni sensoriali — vista, olfatto e tatto — al modello uniformato comunitario del Reg. CEE 103/76, che utilizza una valutazione aritmetica delle caratteristiche organolettiche. In seguito, il concetto di valutazione aritmetica è stato superato; tuttavia, l’approccio organolettico per definire la vita commerciale residua del prodotto ittico rimane il filo conduttore di queste leggi. Molti di questi parametri di valutazione organolettica non sono applicabili, se non nel caso di prodotti interi freschi, oppure eviscerati. Da qui, la difficoltà di valutazione della shelf-life residua di pesce filettato, a volte conservato in ghiaccio od in acqua-ghiaccio, (condizione in cui spesso si ha la dissoluzione di composti volatili marcatori dello stato di deterioramento), oppure di semiconserve a base di pesce. Nel DL n. 531/92 vengono forniti parametri microbiologici guida per pesci freschi congelati ed anche per molluschi eduli lamellibranchi e cefalopodi, congelati o surgelati. Questo tentativo, se pur generico (in quanto non tiene in considerazione né la specie microbica degradativa dominante, né la specie e l’origine del pesce in esame), apre una spirale nella rivalutazione da parte del legislatore del ruolo dei microrganismi degradativi nel processo di deterioramento del pesce e della possibilità di utilizzarli come parametri della qualità, soprattutto nel caso di nuovi prodotti semilavorati. Nei laboratori del gruppo di ricerca della professoressa M. E. Guerzoni, presso il campus Scienze degli Alimenti di Cesena dell’Università degli Studi di Bologna, si è cercato di valutare, in questi ultimi anni, se la quantificazione della carica batterica mesofila totale (CMT) possa essere impiegata, così come in altri settori, come parametro per la valutazione del tempo di vita residuo dei semilavorati e semiconserve a base di pesce. Anche lo studio dei fattori che influenzano l’entità e la composizione della carica batterica iniziale, il processo degradativo e la flora microbica colonizzante il prodotto ittico sono stati presi in considerazione

Importanza dell'aspetto microbiologico nella valutazione della shelf-life residua dei prodotti ittici di nuova generazione / Kamden Sado S.; Vannini L.; Spiller E.; Guerzoni M.E.. - In: IL PESCE. - ISSN 0394-2929. - ELETTRONICO. - 1 (gennaio/febbraio):(2006).

Importanza dell'aspetto microbiologico nella valutazione della shelf-life residua dei prodotti ittici di nuova generazione

SADO KAMDEM, SYLVAIN LEROY;VANNINI, LUCIA;GUERZONI, MARIA ELISABETTA
2006

Abstract

La qualità complessiva del pesce è profondamente legata a quella microbiologica ed organolettica. La verifica dello stato di freschezza di tali prodotti è sempre stata basata principalmente sull’aspetto organolettico. Infatti, la legislazione, sia comunitaria che nazionale, si basa essenzialmente sul controllo organolettico per definire la fine della vita commerciale del pesce. Si è passati, nel tempo, dallo schema di valutazione Artioli-Ciani, che prevedeva una suddivisione del pescato in 4 categorie in base alle osservazioni sensoriali — vista, olfatto e tatto — al modello uniformato comunitario del Reg. CEE 103/76, che utilizza una valutazione aritmetica delle caratteristiche organolettiche. In seguito, il concetto di valutazione aritmetica è stato superato; tuttavia, l’approccio organolettico per definire la vita commerciale residua del prodotto ittico rimane il filo conduttore di queste leggi. Molti di questi parametri di valutazione organolettica non sono applicabili, se non nel caso di prodotti interi freschi, oppure eviscerati. Da qui, la difficoltà di valutazione della shelf-life residua di pesce filettato, a volte conservato in ghiaccio od in acqua-ghiaccio, (condizione in cui spesso si ha la dissoluzione di composti volatili marcatori dello stato di deterioramento), oppure di semiconserve a base di pesce. Nel DL n. 531/92 vengono forniti parametri microbiologici guida per pesci freschi congelati ed anche per molluschi eduli lamellibranchi e cefalopodi, congelati o surgelati. Questo tentativo, se pur generico (in quanto non tiene in considerazione né la specie microbica degradativa dominante, né la specie e l’origine del pesce in esame), apre una spirale nella rivalutazione da parte del legislatore del ruolo dei microrganismi degradativi nel processo di deterioramento del pesce e della possibilità di utilizzarli come parametri della qualità, soprattutto nel caso di nuovi prodotti semilavorati. Nei laboratori del gruppo di ricerca della professoressa M. E. Guerzoni, presso il campus Scienze degli Alimenti di Cesena dell’Università degli Studi di Bologna, si è cercato di valutare, in questi ultimi anni, se la quantificazione della carica batterica mesofila totale (CMT) possa essere impiegata, così come in altri settori, come parametro per la valutazione del tempo di vita residuo dei semilavorati e semiconserve a base di pesce. Anche lo studio dei fattori che influenzano l’entità e la composizione della carica batterica iniziale, il processo degradativo e la flora microbica colonizzante il prodotto ittico sono stati presi in considerazione
2006
Importanza dell'aspetto microbiologico nella valutazione della shelf-life residua dei prodotti ittici di nuova generazione / Kamden Sado S.; Vannini L.; Spiller E.; Guerzoni M.E.. - In: IL PESCE. - ISSN 0394-2929. - ELETTRONICO. - 1 (gennaio/febbraio):(2006).
Kamden Sado S.; Vannini L.; Spiller E.; Guerzoni M.E.
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