La Cassazione, con le due pronunce in epigrafe, ritorna ad occuparsi del tema dei cosiddetti danni terminali, ovverosia quelli patiti dalla vittima di un fatto illecito mortale, dal momento del ferimento a quello del decesso. La regola per cui il danno biologico patito dalla vittima diviene risarcibile solo se tra i due momenti sia decorso “un apprezzabile lasso di tempo”, consacrata nel noto arresto delle Sezioni Unite del 2015, per un verso sembra anelare ad ottenere maggiore certezza applicativa, mentre, per altro verso, mostra segni di debolezza che preludono alla prospettiva di un suo superamento. L’autore, dopo aver messo in luce come le due decisioni si muovano in queste opposte direzioni, analizza la portata pratica delle regole operative dalle stesse desumibili, segnatamente con riguardo al problema della liquidazione del danno biologico terminale (non direttamente affrontato) e, nell’interrogarsi sulla natura di quest’ultimo, ne evidenzia l’ambiguo ruolo di compromesso tra la posizione di chi nega, e quella di chi, invece, afferma, la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita.
Davide Maria Locatello (2019). Danno biologico da illecito non immediatamente fatale: superamento o mantenimento del criterio “cronometrico”? (nota a Cass., 23 ottobre 2018, n.26727 e 13 dicembre 2018, n. 32372). IL CORRIERE GIURIDICO, 7/2019, 901-912.
Danno biologico da illecito non immediatamente fatale: superamento o mantenimento del criterio “cronometrico”? (nota a Cass., 23 ottobre 2018, n.26727 e 13 dicembre 2018, n. 32372)
Davide Maria Locatello
2019
Abstract
La Cassazione, con le due pronunce in epigrafe, ritorna ad occuparsi del tema dei cosiddetti danni terminali, ovverosia quelli patiti dalla vittima di un fatto illecito mortale, dal momento del ferimento a quello del decesso. La regola per cui il danno biologico patito dalla vittima diviene risarcibile solo se tra i due momenti sia decorso “un apprezzabile lasso di tempo”, consacrata nel noto arresto delle Sezioni Unite del 2015, per un verso sembra anelare ad ottenere maggiore certezza applicativa, mentre, per altro verso, mostra segni di debolezza che preludono alla prospettiva di un suo superamento. L’autore, dopo aver messo in luce come le due decisioni si muovano in queste opposte direzioni, analizza la portata pratica delle regole operative dalle stesse desumibili, segnatamente con riguardo al problema della liquidazione del danno biologico terminale (non direttamente affrontato) e, nell’interrogarsi sulla natura di quest’ultimo, ne evidenzia l’ambiguo ruolo di compromesso tra la posizione di chi nega, e quella di chi, invece, afferma, la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.