Il presente lavoro si sofferma sull’analisi dell’ordinanza della Corte costituzionale 9 giugno 2020, n. 132, con la quale la Corte è intervenuta su una materia di estrema delicatezza, quella del rapporto fra diritto di cronaca e tutela dei contrapposti interessi, specificatamente la pro- tezione della reputazione altrui. Il giudice delle leggi ha adottato una tecnica di “gestione del pro- cesso costituzionale” innovativa, ma non inedita, rinviando la decisione delle questioni sottoposte alla sua giurisdizione a una successiva udienza, in modo da consentire, medio tempore, al legi- slatore di apportare gli opportuni correttivi idonei a rendere la disciplina conforme ai principi costi- tuzionali e convenzionali in materia. Il rischio di chilling effect del fondamentale diritto all’informazione, dovuto alla minaccia della pena detentiva, richiede un intervento di “restauro normativo” che non può non competere al legislatore. La decisione della Corte, dunque, appare oculata, in quanto da un lato sensibile alla necessità di non invadere spazi di potere riservati ad altri organi costituzionali, dall’altro attenta a non disatten- dere il fondamentale compito istituzionale di controllo della compatibilità delle scelte legislative con la Costituzione e, in via mediata, con gli strumenti internazionali vincolanti.

Diffamazione a mezzo stampa e pena detentiva: la Corte costituzionale contesa tra il rischio di "chilling effect" del diritto fondamentale all'informazione e il necessario rispetto degli spazi di discrezionalità del legislatore

Mario Arbotti
2021

Abstract

Il presente lavoro si sofferma sull’analisi dell’ordinanza della Corte costituzionale 9 giugno 2020, n. 132, con la quale la Corte è intervenuta su una materia di estrema delicatezza, quella del rapporto fra diritto di cronaca e tutela dei contrapposti interessi, specificatamente la pro- tezione della reputazione altrui. Il giudice delle leggi ha adottato una tecnica di “gestione del pro- cesso costituzionale” innovativa, ma non inedita, rinviando la decisione delle questioni sottoposte alla sua giurisdizione a una successiva udienza, in modo da consentire, medio tempore, al legi- slatore di apportare gli opportuni correttivi idonei a rendere la disciplina conforme ai principi costi- tuzionali e convenzionali in materia. Il rischio di chilling effect del fondamentale diritto all’informazione, dovuto alla minaccia della pena detentiva, richiede un intervento di “restauro normativo” che non può non competere al legislatore. La decisione della Corte, dunque, appare oculata, in quanto da un lato sensibile alla necessità di non invadere spazi di potere riservati ad altri organi costituzionali, dall’altro attenta a non disatten- dere il fondamentale compito istituzionale di controllo della compatibilità delle scelte legislative con la Costituzione e, in via mediata, con gli strumenti internazionali vincolanti.
2021
Mario Arbotti
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