L’articolo si concentra sulla raccolta poetica Historiae (2018) di Antonella Anedda, con particolare attenzione al tema dell’acqua, ancora poco esplorato dalla critica. Partendo dalla riconosciuta sensibilità topologica dell’autrice di origine sarda, si considererà come l’esperienza dell’isola influenzi la relazione tra soggetto poetico e ambiente circostante. L’insularità abitua ad accogliere nel proprio punto di vista l’alterità primaria del mare che, al tempo stesso, separa e collega l’isola al “Continente”. Oltre a rappresentare un’alterità dal punto di vista geografico-spaziale, l’acqua è, da più di un decennio, al centro delle riflessioni che, nel campo trans- disciplinare delle Environmental Humanities, auspicano una “svolta idrologica”: Thinking with Water (Chen et al., 2013) e Bodies of Water (Neimanis, 2017) sono i testi teorici di riferimento, radicati nel pensiero femminista della fenomenologia postumana, secondo cui l’acqua, nelle sue molteplici manifestazioni, fenomeno materico e discorsivo ad un tempo, può liberare un potenziale immaginativo che contrasti i paradigmi antropocentrici e antropocenici, con implicazioni sociali, politiche ed epistemologiche. Procedendo nell’argomentazione, si chiarirà come, seppur lontana da un approccio espressamente femminista, la poetica di Anedda sia informata da questo tipo di suggestioni e riflessioni, soprattutto attraverso testi di altre autrici che ha tradotto o delle quali ha scritto a sua volta (Elizabeth Bishop, Anne Carson, Roni Horn), interrogandosi sulla relazione tra acqua e linguaggio. L’essere tra lingue – come tra luoghi –, in relazione con l’alterità, sia essa il non-umano animale o vegetale, l’infinitamente piccolo o lo smisuratamente grande – della biologia, della geologia o dei fenomeni celesti – che Anedda integra nei suoi versi, in Historiae si manifesta nel dialogo tra italiano e limba sarda, lingua affettiva e orale nella quale si materializzano luoghi, corpi e suoni cari all’autrice. Tuttavia, è solo nel limarsi reciproco tra lingue, nello spazio di incertezza e vulnerabilità che si apre tra italiano e limba, tra il desiderio di disperdersi e la spinta a stabilire legami attraverso la reiterata metafora tessile, che l’autrice trova momenti di equilibrio precario con l’ambiente circostante.
Francesca Nardi (2023). Lingua d'acqua. La poetica di Antonella Anedda tra insularità e traduzione. RIVISTA DI STUDI ITALIANI, 41(2), 196-222.
Lingua d'acqua. La poetica di Antonella Anedda tra insularità e traduzione
Francesca Nardi
2023
Abstract
L’articolo si concentra sulla raccolta poetica Historiae (2018) di Antonella Anedda, con particolare attenzione al tema dell’acqua, ancora poco esplorato dalla critica. Partendo dalla riconosciuta sensibilità topologica dell’autrice di origine sarda, si considererà come l’esperienza dell’isola influenzi la relazione tra soggetto poetico e ambiente circostante. L’insularità abitua ad accogliere nel proprio punto di vista l’alterità primaria del mare che, al tempo stesso, separa e collega l’isola al “Continente”. Oltre a rappresentare un’alterità dal punto di vista geografico-spaziale, l’acqua è, da più di un decennio, al centro delle riflessioni che, nel campo trans- disciplinare delle Environmental Humanities, auspicano una “svolta idrologica”: Thinking with Water (Chen et al., 2013) e Bodies of Water (Neimanis, 2017) sono i testi teorici di riferimento, radicati nel pensiero femminista della fenomenologia postumana, secondo cui l’acqua, nelle sue molteplici manifestazioni, fenomeno materico e discorsivo ad un tempo, può liberare un potenziale immaginativo che contrasti i paradigmi antropocentrici e antropocenici, con implicazioni sociali, politiche ed epistemologiche. Procedendo nell’argomentazione, si chiarirà come, seppur lontana da un approccio espressamente femminista, la poetica di Anedda sia informata da questo tipo di suggestioni e riflessioni, soprattutto attraverso testi di altre autrici che ha tradotto o delle quali ha scritto a sua volta (Elizabeth Bishop, Anne Carson, Roni Horn), interrogandosi sulla relazione tra acqua e linguaggio. L’essere tra lingue – come tra luoghi –, in relazione con l’alterità, sia essa il non-umano animale o vegetale, l’infinitamente piccolo o lo smisuratamente grande – della biologia, della geologia o dei fenomeni celesti – che Anedda integra nei suoi versi, in Historiae si manifesta nel dialogo tra italiano e limba sarda, lingua affettiva e orale nella quale si materializzano luoghi, corpi e suoni cari all’autrice. Tuttavia, è solo nel limarsi reciproco tra lingue, nello spazio di incertezza e vulnerabilità che si apre tra italiano e limba, tra il desiderio di disperdersi e la spinta a stabilire legami attraverso la reiterata metafora tessile, che l’autrice trova momenti di equilibrio precario con l’ambiente circostante.File | Dimensione | Formato | |
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