Elena Randi analizza la prima messinscena italiana della Città morta di D’Annunzio (Milano, Teatro Lirico, 1901), rimarcandone i prestiti accolti dall’allestimento parigino di Sarah Bernhardt (Renaissance, 1898) e le differenze. Un paio delle caratteristiche dello spettacolo individuate dal saggio vanno ricordate: l’atteggiamento “fusionale” di Anna-Duse, la quale continuamente tocca o accarezza gli altri personaggi o si aggrappa alle architetture e agli oggetti di scena fondendovisi, e la particolare funzione della scenografia del primo e quarto atto, firmata da Rovescalli. Elena Randi cerca infatti di identificare le statue presenti (una testa di cavallo di Fidia del frontone orientale del Partenone, una Niobe tardo-ellenica oggi agli Uffizi, un Ercole con la clava e il serpente, un gruppo di quattro combattenti del frontone orientale del tempio di Aphaia ad Egina) e di evidenziarne la natura di Doppi dei personaggi. La scenografia sarebbe dunque "parlante" e non meramente decorativa e il suo senso sarebbe strettamente connesso a quello impresso ai personaggi offerti dagli interpreti.
"La Città morta": tra Sarah Bernhardt ed Eleonora Duse
RANDI, ELENA
2009
Abstract
Elena Randi analizza la prima messinscena italiana della Città morta di D’Annunzio (Milano, Teatro Lirico, 1901), rimarcandone i prestiti accolti dall’allestimento parigino di Sarah Bernhardt (Renaissance, 1898) e le differenze. Un paio delle caratteristiche dello spettacolo individuate dal saggio vanno ricordate: l’atteggiamento “fusionale” di Anna-Duse, la quale continuamente tocca o accarezza gli altri personaggi o si aggrappa alle architetture e agli oggetti di scena fondendovisi, e la particolare funzione della scenografia del primo e quarto atto, firmata da Rovescalli. Elena Randi cerca infatti di identificare le statue presenti (una testa di cavallo di Fidia del frontone orientale del Partenone, una Niobe tardo-ellenica oggi agli Uffizi, un Ercole con la clava e il serpente, un gruppo di quattro combattenti del frontone orientale del tempio di Aphaia ad Egina) e di evidenziarne la natura di Doppi dei personaggi. La scenografia sarebbe dunque "parlante" e non meramente decorativa e il suo senso sarebbe strettamente connesso a quello impresso ai personaggi offerti dagli interpreti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.