In molti Paesi, la diffusione del virus Covid-19 è stata affrontata facendo ricorso a strumenti giuridici di tipo emergenziale. L’Italia, al riguardo, non fa eccezione: la proclamazione dell’emergenza sanitaria da parte del Consiglio dei Ministri è stata seguita dall’impiego massiccio di decreti-legge e, soprattutto, di dispositivi fino a poco tempo fa scarsamente conosciuti: i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM). A differenza dei primi, che hanno forza di legge, i secondi sono semplici atti amministrativi: come tali, bypassano completamente il confronto parlamentare e sfuggono al controllo diretto della Corte Costituzionale1. Uno scenario del genere, piuttosto critico sul piano formale, ha favorito l’uso massivo di un altro strumento amministrativo, il protocollo. Già diffuso nella regolazione di molti ambiti della vita associata, questo strumento impone vincoli e restrizioni pur non possedendo lo status di norma giuridica in senso stretto. Il numero delle attività disciplinate attraverso protocolli è difficile da quantificare: si va dall’organizzazione di eventi istituzionali al lavaggio delle mani, passando per l’accesso a palestre e piscine e lo svolgimento di lezioni universitarie. Inserendosi all’interno di un percorso di ricerca di taglio storicoteorico volto a tracciare una genealogia del protocollo, il contributo intende gettare le basi per una comprensione più ampia e profonda di questo dispositivo, divenuto ormai strategico nel governo di numerosi fenomeni complessi. Muovendo da una prospettiva socio-giuridica e socio-politica, nelle prossime pagine verrà fornita una ricostruzione – breve e, per il momento, necessariamente parziale – delle origini del termine e verrà proposta una tipologia dei suoi diversi significati. Saranno poi messe in luce le implicazioni, giuridiche e politiche, dell’uso dei protocolli nell’ambito dell’azione pubblica. In quanto strumento dotato di una valenza prescrittiva che si articola in una procedura operativa, il protocollo costituisce una forma di standardizzazione. Impiegato in ambiti professionali in cui la regolazione giuridica delle procedure è scarsa o assente – dove mancano, in altre parole, “regole del gioco” chiare e formalizzate a livello legale – fornisce indicazioni operative “certificando” la validità di alcune azioni e legittimando determinate condotte. Da questa prospettiva, una genealogia della nozione di “protocollo” può essere utile ad approfondire aspetti rilevanti delle trasformazioni sociopolitiche contemporanee. Nel quadro delle dinamiche neoliberali, la crescente burocratizzazione, oltre che nel ricorso a convenzioni (Boltanski e Thévenot 2006; Borghi e Vitale 2006) e nell’impiego di strumenti di governo para-normativi (Lascoumes e Le Galès 2005), si declina anche nell’uso estensivo di protocolli, certificazioni e standard (Bayart 2004; Brunsson e Jacobsson 2000; Hibou 2015). Strumenti di questo tipo, inoltre, rivestono un ruolo centrale nella legittimazione delle professioni (Timmermans e Berg 2003) e sollevano dilemmi rispetto alla democraticità dei processi decisionali in cui gli esperti sono chiamati non soltanto a scegliere i mezzi più efficaci ed efficienti ma, a volte, anche a individuare gli obiettivi dell’azione pubblica.

Una pandemia di protocolli: governare attraverso dispositivi tecnico-amministrativi / Enrico Gargiulo. - ELETTRONICO. - (2022), pp. 175-189. [10.13133/9788893772112]

Una pandemia di protocolli: governare attraverso dispositivi tecnico-amministrativi

Enrico Gargiulo
2022

Abstract

In molti Paesi, la diffusione del virus Covid-19 è stata affrontata facendo ricorso a strumenti giuridici di tipo emergenziale. L’Italia, al riguardo, non fa eccezione: la proclamazione dell’emergenza sanitaria da parte del Consiglio dei Ministri è stata seguita dall’impiego massiccio di decreti-legge e, soprattutto, di dispositivi fino a poco tempo fa scarsamente conosciuti: i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM). A differenza dei primi, che hanno forza di legge, i secondi sono semplici atti amministrativi: come tali, bypassano completamente il confronto parlamentare e sfuggono al controllo diretto della Corte Costituzionale1. Uno scenario del genere, piuttosto critico sul piano formale, ha favorito l’uso massivo di un altro strumento amministrativo, il protocollo. Già diffuso nella regolazione di molti ambiti della vita associata, questo strumento impone vincoli e restrizioni pur non possedendo lo status di norma giuridica in senso stretto. Il numero delle attività disciplinate attraverso protocolli è difficile da quantificare: si va dall’organizzazione di eventi istituzionali al lavaggio delle mani, passando per l’accesso a palestre e piscine e lo svolgimento di lezioni universitarie. Inserendosi all’interno di un percorso di ricerca di taglio storicoteorico volto a tracciare una genealogia del protocollo, il contributo intende gettare le basi per una comprensione più ampia e profonda di questo dispositivo, divenuto ormai strategico nel governo di numerosi fenomeni complessi. Muovendo da una prospettiva socio-giuridica e socio-politica, nelle prossime pagine verrà fornita una ricostruzione – breve e, per il momento, necessariamente parziale – delle origini del termine e verrà proposta una tipologia dei suoi diversi significati. Saranno poi messe in luce le implicazioni, giuridiche e politiche, dell’uso dei protocolli nell’ambito dell’azione pubblica. In quanto strumento dotato di una valenza prescrittiva che si articola in una procedura operativa, il protocollo costituisce una forma di standardizzazione. Impiegato in ambiti professionali in cui la regolazione giuridica delle procedure è scarsa o assente – dove mancano, in altre parole, “regole del gioco” chiare e formalizzate a livello legale – fornisce indicazioni operative “certificando” la validità di alcune azioni e legittimando determinate condotte. Da questa prospettiva, una genealogia della nozione di “protocollo” può essere utile ad approfondire aspetti rilevanti delle trasformazioni sociopolitiche contemporanee. Nel quadro delle dinamiche neoliberali, la crescente burocratizzazione, oltre che nel ricorso a convenzioni (Boltanski e Thévenot 2006; Borghi e Vitale 2006) e nell’impiego di strumenti di governo para-normativi (Lascoumes e Le Galès 2005), si declina anche nell’uso estensivo di protocolli, certificazioni e standard (Bayart 2004; Brunsson e Jacobsson 2000; Hibou 2015). Strumenti di questo tipo, inoltre, rivestono un ruolo centrale nella legittimazione delle professioni (Timmermans e Berg 2003) e sollevano dilemmi rispetto alla democraticità dei processi decisionali in cui gli esperti sono chiamati non soltanto a scegliere i mezzi più efficaci ed efficienti ma, a volte, anche a individuare gli obiettivi dell’azione pubblica.
2022
Covid, azione pubblica e crisi della contemporaneità. Primato o declino della politica?
175
189
Una pandemia di protocolli: governare attraverso dispositivi tecnico-amministrativi / Enrico Gargiulo. - ELETTRONICO. - (2022), pp. 175-189. [10.13133/9788893772112]
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