Grazie a studi condotti in Italia negli ultimi decenni sul costruito esistente e storico, si sta consolidando un approccio diagnostico interdisciplinare e multifase finalizzato al raggiungimento di un alto livello di informazione sullo stato di conservazione dei materiali, sulle tecniche costruttive impiegate, sul comportamento strutturale degli edifici murari. Tale percorso conoscitivo include e integra con altri tipi di analisi, diversi strumenti diagnostici non distruttivi da applicarsi in sito. Un nuovo campo di applicazione è invece quello delle strutture di elevato archeologico verso la cui sicurezza e vulnerabilità strutturale si sta recentemente focalizzando un’attenzione mirata. Nell’ambito di attività di studio in corso da alcuni anni sui beni archeologici in area vesuviana, i ricercatori strutturisti del DISTART dell’Università di Bologna si occupano della valutazione di beni archeologici romani a Pompei ed Ercolano e per la prima volta l’approccio diagnostico sopra accennato e’ stato impiegato a Ercolano sul caso studio della Casa del Tramezzo di Legno. La specificità dell’elevato archeologico risiede nelle sue amplificate vulnerabilità, somma di danneggiamenti dovuti ad eventi catastrofici in epoca romana, a fasi di scavo per pozzi e cunicoli per la predazione dapprima e di scavo a cielo aperto poi nei secoli 18°-20°, e dovuti a mancanza di manutenzione e protezione negli ultimi decenni. In aggiunta, frenetica era l’attività di cantiere al momento dell’eruzione del 79 d.C. sia a causa del terremoto del 62 d.C, sia dello sfruttamento intensivo dell’area, con sviluppo in altezza degli edifici tramite tecniche non sempre consolidate. Grazie all’alto livello di tutela di cui questi beni oggi godono, per ricostruirne la storia edilizia, indagarne tecniche costruttive, interventi subiti e vulnerabilità, si impone un approccio diagnostico ancor più conservativo che per i beni architettonici e dunque, mentre le prove non distruttive assumono qui un ruolo fondamentale per la diagnosi, la combinazione di tecniche complementari -acustiche, termografiche ed elettromagnetiche- deve sopperire alla impossibilità di condurre calibrazioni e verifiche di tipo invasivo o distruttivo. Il contributo presenta l’approccio e le procedure seguite per la valutazione del caso studio di archeologia muraria romana.
C. Colla, S. de Miranda, G. Pascale, F. Ubertini (2009). Diagnostica combinata non distruttiva di elevato archeologico per lo studio della storia edilizia Vesuviana. ROMA : s.n.
Diagnostica combinata non distruttiva di elevato archeologico per lo studio della storia edilizia Vesuviana
COLLA, CAMILLA;DE MIRANDA, STEFANO;PASCALE GUIDOTTI MAGNANI, GIOVANNI;UBERTINI, FRANCESCO
2009
Abstract
Grazie a studi condotti in Italia negli ultimi decenni sul costruito esistente e storico, si sta consolidando un approccio diagnostico interdisciplinare e multifase finalizzato al raggiungimento di un alto livello di informazione sullo stato di conservazione dei materiali, sulle tecniche costruttive impiegate, sul comportamento strutturale degli edifici murari. Tale percorso conoscitivo include e integra con altri tipi di analisi, diversi strumenti diagnostici non distruttivi da applicarsi in sito. Un nuovo campo di applicazione è invece quello delle strutture di elevato archeologico verso la cui sicurezza e vulnerabilità strutturale si sta recentemente focalizzando un’attenzione mirata. Nell’ambito di attività di studio in corso da alcuni anni sui beni archeologici in area vesuviana, i ricercatori strutturisti del DISTART dell’Università di Bologna si occupano della valutazione di beni archeologici romani a Pompei ed Ercolano e per la prima volta l’approccio diagnostico sopra accennato e’ stato impiegato a Ercolano sul caso studio della Casa del Tramezzo di Legno. La specificità dell’elevato archeologico risiede nelle sue amplificate vulnerabilità, somma di danneggiamenti dovuti ad eventi catastrofici in epoca romana, a fasi di scavo per pozzi e cunicoli per la predazione dapprima e di scavo a cielo aperto poi nei secoli 18°-20°, e dovuti a mancanza di manutenzione e protezione negli ultimi decenni. In aggiunta, frenetica era l’attività di cantiere al momento dell’eruzione del 79 d.C. sia a causa del terremoto del 62 d.C, sia dello sfruttamento intensivo dell’area, con sviluppo in altezza degli edifici tramite tecniche non sempre consolidate. Grazie all’alto livello di tutela di cui questi beni oggi godono, per ricostruirne la storia edilizia, indagarne tecniche costruttive, interventi subiti e vulnerabilità, si impone un approccio diagnostico ancor più conservativo che per i beni architettonici e dunque, mentre le prove non distruttive assumono qui un ruolo fondamentale per la diagnosi, la combinazione di tecniche complementari -acustiche, termografiche ed elettromagnetiche- deve sopperire alla impossibilità di condurre calibrazioni e verifiche di tipo invasivo o distruttivo. Il contributo presenta l’approccio e le procedure seguite per la valutazione del caso studio di archeologia muraria romana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.