Le forme di rappresentazione del corpo e i suoi modi di azione, la sua performance, hanno un ruolo centrale nelle dinamiche di comunicazione politica. In qualsiasi epoca e contesto culturale il corpo del leader è incarnazione dell’ideologia di cui questi è portatore, ovvero di quei valori, idee, credenze e opinioni su cui fonda la propria politica. Nei regimi totalitari, in particolare, il corpo del leader è trasfigurazione, o alla testa, dello stesso corpo sociale, e la sua immagine moltiplicata – attraverso riproduzioni fotografiche, plastiche e mediali – così da consentirne l’ubiquità, con la funzione ora di specchio, ora di monito, ora devozionale. Solitamente, però, e nei totalitarismi in modo significativo, i caratteri somatici e fisici della persona vengono plasmati per trasmettere i valori del progresso e dell’ordine. Questo succede nelle rappresentazioni del Duce, i cui tratti spigolosi, la mascella pronunciata e il morso serrato non solo fanno eco agli ideali antropometrici perseguiti dal Fascismo, ma sono anche metafora visiva del programma politico del regime. In controtendenza con questo vocabolario corporale improntato alla idealizzazione e monumentalizzazione di presunti valori di progresso e ordine, nei primi decenni del XXI secolo si stanno consolidando in politica paradigmi estetici e performativi che si situano all’opposto. Si tratta di modelli orgogliosamente retrogradi e in certi casi primitivisti, i quali rivendicano, attraverso un’estetica che potremmo definire del selvaggio, la propria diffidenza nei confronti di una società che immaginano regolata da poteri forti, in cui l’allontanamento dell’uomo dallo stato di natura implica il suo assoggettamento a un sistema. Incardinati su posizioni antidemocratiche e oscurantiste, questi nuovi “leader” avanzano teorie del complotto, sfidano lobby e caste, e rispondono alla corsa al progresso scientifico e tecnologico con una rivalorizzazione del naturale e primitivo. Casi emblematici sono quello di Matteo Salvini in Italia, dei rabbiosi QAnon che hanno occupato il Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021 e, per certi versi, dei talebani in Afghanistan.

Estetica del selvaggio. Arti visive e repellenza politica

Francesco Spampinato
2021

Abstract

Le forme di rappresentazione del corpo e i suoi modi di azione, la sua performance, hanno un ruolo centrale nelle dinamiche di comunicazione politica. In qualsiasi epoca e contesto culturale il corpo del leader è incarnazione dell’ideologia di cui questi è portatore, ovvero di quei valori, idee, credenze e opinioni su cui fonda la propria politica. Nei regimi totalitari, in particolare, il corpo del leader è trasfigurazione, o alla testa, dello stesso corpo sociale, e la sua immagine moltiplicata – attraverso riproduzioni fotografiche, plastiche e mediali – così da consentirne l’ubiquità, con la funzione ora di specchio, ora di monito, ora devozionale. Solitamente, però, e nei totalitarismi in modo significativo, i caratteri somatici e fisici della persona vengono plasmati per trasmettere i valori del progresso e dell’ordine. Questo succede nelle rappresentazioni del Duce, i cui tratti spigolosi, la mascella pronunciata e il morso serrato non solo fanno eco agli ideali antropometrici perseguiti dal Fascismo, ma sono anche metafora visiva del programma politico del regime. In controtendenza con questo vocabolario corporale improntato alla idealizzazione e monumentalizzazione di presunti valori di progresso e ordine, nei primi decenni del XXI secolo si stanno consolidando in politica paradigmi estetici e performativi che si situano all’opposto. Si tratta di modelli orgogliosamente retrogradi e in certi casi primitivisti, i quali rivendicano, attraverso un’estetica che potremmo definire del selvaggio, la propria diffidenza nei confronti di una società che immaginano regolata da poteri forti, in cui l’allontanamento dell’uomo dallo stato di natura implica il suo assoggettamento a un sistema. Incardinati su posizioni antidemocratiche e oscurantiste, questi nuovi “leader” avanzano teorie del complotto, sfidano lobby e caste, e rispondono alla corsa al progresso scientifico e tecnologico con una rivalorizzazione del naturale e primitivo. Casi emblematici sono quello di Matteo Salvini in Italia, dei rabbiosi QAnon che hanno occupato il Campidoglio a Washington il 6 gennaio 2021 e, per certi versi, dei talebani in Afghanistan.
2021
Francesco Spampinato
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