Alfred North Whitehead [1861 - 1947], il famoso coautore di Bertrand Russell [1872 – 1970], in quel monumento di logica che furono all’epoca i Principia Mathematica (scritti fra il 1910 ed il 1913), scrisse: «(…) per le normali attività quotidiane, lo zero non ci serve affatto. Nessuno va al mercato a comprare zero pesci. Lo zero è in un certo senso il più civilizzato di tutti i numeri cardinali e il suo impiego ci viene imposto dalle esigenze legate all’esercizio di una raffinata razionalità». (Cit. in Seife, 2000, pag. 12) Ecco dunque come un grande del pensiero scientifico assai recente ci introduce a quel raffinato numero naturale che l’essere umano ha impiegato millenni a concepire e creare, per introdurlo nel linguaggio e nel mondo scientifico. Ma è falso affermare che lo zero non è presente nella vita di tutti i giorni: i cronometri ed il tempo partono da zero; sull’orologio digitale vedrete scritto 00:00 allo scoccare della mezzanotte, e solo dopo un minuto troverete 00:01; quando arriverà questa scrittura, sarà passato un lasso di tempo, sessanta secondi; ma all’inizio c’è zero e non uno; nella bilancia, in assenza di oggetti sul piatto, ci si aspetta di veder apparire zero; sulla scala del termometro, lo zero ha un posto di rilievo; si pensi agli assegni: chiunque apprende in fretta l’uso dello zero come cifra per arrivare a scrivere numeri “grandi”; Ecc. Certo ci sono delle incongruità: il primo ordinale in matematica è zero, ma nella vita comune è uno; nessuno, infatti, conterebbe le proprie monete a partire da zero; ma ha senso comunque esprimere il cardinale di un insieme vuoto, attivando così la percezione anche fisica del concetto di zero. Tuttavia: una cosa è affermare che l’essere umano ha anticamente creato il concetto di zero, ben altra capire come una persona, ogni singola persona, se ne costruisce la conoscenza. Affermava Jean Piaget [1896 – 1980] (cit. in: Piattelli Palmarini, 1980, pag. 26): «[…] o la matematica è parte della natura, e allora deriva da costruzioni umane, creatrici di nuovi concetti, o la matematica ha origine in un universo platonico e sovrasensibile, e in tal caso bisognerebbe dimostrare attraverso quali mezzi psicologici se ne acquisisce la conoscenza, riguardo alla qual cosa non si è mai avuta alcuna indicazione». Se vale questo tipo di riflessione relativamente al numero naturale generico, la stessa vale per lo zero, numero naturale specifico. In quali modi, per quali strade un apprendente costruisce nella sua mente l’oggetto “zero”? Per poter rispondere, bisogna distinguere subito fra tre diverse categorie di oggetti matematici: zero come ordinale, zero come cardinale, zero come cifra. Sono tre oggetti matematici concettualmente ben distinti che, una volta maturata un’opportuna competenza, possono anche coincidere; tutti e tre dovrebbero arrivare a contribuire, ciascuno per suo conto, a far costruire il concetto generale zero, cioè a far appropriare l’apprendente di questo oggetto matematico. L’interesse di questa questione è notevole, anche visto che illustri Autori arrivano a dichiarare l’impossibilità del bambino di scuola dell’infanzia o dei primi anni di primaria di costruirsi l’oggetto zero. Ma: di quale zero si tratta? Dello zero cardinale?, dello zero ordinale?, o dello zero cifra? È proprio vero che al bambino sia impossibile costruire uno o ciascuno di questi tre concetti?

D’Amore B., Fandino Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici. TRENTO : Erickson.

Zero. Aspetti concettuali e didattici

D'AMORE, BRUNO;FANDINO, MARTHA ISABEL
2009

Abstract

Alfred North Whitehead [1861 - 1947], il famoso coautore di Bertrand Russell [1872 – 1970], in quel monumento di logica che furono all’epoca i Principia Mathematica (scritti fra il 1910 ed il 1913), scrisse: «(…) per le normali attività quotidiane, lo zero non ci serve affatto. Nessuno va al mercato a comprare zero pesci. Lo zero è in un certo senso il più civilizzato di tutti i numeri cardinali e il suo impiego ci viene imposto dalle esigenze legate all’esercizio di una raffinata razionalità». (Cit. in Seife, 2000, pag. 12) Ecco dunque come un grande del pensiero scientifico assai recente ci introduce a quel raffinato numero naturale che l’essere umano ha impiegato millenni a concepire e creare, per introdurlo nel linguaggio e nel mondo scientifico. Ma è falso affermare che lo zero non è presente nella vita di tutti i giorni: i cronometri ed il tempo partono da zero; sull’orologio digitale vedrete scritto 00:00 allo scoccare della mezzanotte, e solo dopo un minuto troverete 00:01; quando arriverà questa scrittura, sarà passato un lasso di tempo, sessanta secondi; ma all’inizio c’è zero e non uno; nella bilancia, in assenza di oggetti sul piatto, ci si aspetta di veder apparire zero; sulla scala del termometro, lo zero ha un posto di rilievo; si pensi agli assegni: chiunque apprende in fretta l’uso dello zero come cifra per arrivare a scrivere numeri “grandi”; Ecc. Certo ci sono delle incongruità: il primo ordinale in matematica è zero, ma nella vita comune è uno; nessuno, infatti, conterebbe le proprie monete a partire da zero; ma ha senso comunque esprimere il cardinale di un insieme vuoto, attivando così la percezione anche fisica del concetto di zero. Tuttavia: una cosa è affermare che l’essere umano ha anticamente creato il concetto di zero, ben altra capire come una persona, ogni singola persona, se ne costruisce la conoscenza. Affermava Jean Piaget [1896 – 1980] (cit. in: Piattelli Palmarini, 1980, pag. 26): «[…] o la matematica è parte della natura, e allora deriva da costruzioni umane, creatrici di nuovi concetti, o la matematica ha origine in un universo platonico e sovrasensibile, e in tal caso bisognerebbe dimostrare attraverso quali mezzi psicologici se ne acquisisce la conoscenza, riguardo alla qual cosa non si è mai avuta alcuna indicazione». Se vale questo tipo di riflessione relativamente al numero naturale generico, la stessa vale per lo zero, numero naturale specifico. In quali modi, per quali strade un apprendente costruisce nella sua mente l’oggetto “zero”? Per poter rispondere, bisogna distinguere subito fra tre diverse categorie di oggetti matematici: zero come ordinale, zero come cardinale, zero come cifra. Sono tre oggetti matematici concettualmente ben distinti che, una volta maturata un’opportuna competenza, possono anche coincidere; tutti e tre dovrebbero arrivare a contribuire, ciascuno per suo conto, a far costruire il concetto generale zero, cioè a far appropriare l’apprendente di questo oggetto matematico. L’interesse di questa questione è notevole, anche visto che illustri Autori arrivano a dichiarare l’impossibilità del bambino di scuola dell’infanzia o dei primi anni di primaria di costruirsi l’oggetto zero. Ma: di quale zero si tratta? Dello zero cardinale?, dello zero ordinale?, o dello zero cifra? È proprio vero che al bambino sia impossibile costruire uno o ciascuno di questi tre concetti?
2009
88
9788861374812
D’Amore B., Fandino Pinilla M.I. (2009). Zero. Aspetti concettuali e didattici. TRENTO : Erickson.
D’Amore B.; Fandino Pinilla M.I.
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