Con la presente nota si è inteso preliminarmente ripercorrere il lungo e vivace dibattito sorto sia in dottrina che in giurisprudenza circa la rilevanza o irrilevanza dell’usura sopravvenuta, tanto nel momento immediatamente successivo all’emanazione della l. 7 marzo 1996, n. 108, quanto dopo la legge di interpretazione autentica del 2000 (d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv. in l. n. 24 del 28 febbraio 2001). Nata per sedare il contrasto e per dare risposte ai pericoli per la tenuta del mercato paventati dalle banche, infatti, quest’ultima ha conferito nuova vitalità alle tesi di coloro che sostenevano o la nullità, o l’inefficacia, o l’inesigibilità parziale contra buona fede ex art. 1375 c.c. successive per superamento del tasso soglia vigente al tempo della corresponsione degli interessi. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte a Sezioni Unite, muovendo dal dato letterale della norma di interpretazione autentica, ha negato che possa configurarsi l’illiceità sopravvenuta della clausola interessi, pur ammettendo l’operatività di altri strumenti di tutela per il mutuatario; tra questi, in particolare, ha invocato il principio di buona fede esecutiva, a cui, tuttavia, non si potrebbe attingere per il mero superamento del tasso soglia, ma solo in presenza di “particolari modalità o circostanze”. Una poco convinta chiusura nei confronti dell’usura sopravvenuta, dunque. Dopo aver dato conto degli elementi di debolezza propri delle teorie della nullità e dell’inefficacia successiva, si è ritenuto propendere per la soluzione fornita dalla Corte di Cassazione, seppur criticando la necessità di dover sganciare il giudizio sullo squilibrio contrattuale dal parametro oggettivo dell’oltrepassamento del tasso soglia, che potrebbe compromettere le esigenze di tutela del mutuatario nonché parte debole del rapporto.

Definitivo declino dell'usura sopravvenuta o inizio di un'ulteriore stagione di dibattiti?

Chantal Bomprezzi
2018

Abstract

Con la presente nota si è inteso preliminarmente ripercorrere il lungo e vivace dibattito sorto sia in dottrina che in giurisprudenza circa la rilevanza o irrilevanza dell’usura sopravvenuta, tanto nel momento immediatamente successivo all’emanazione della l. 7 marzo 1996, n. 108, quanto dopo la legge di interpretazione autentica del 2000 (d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv. in l. n. 24 del 28 febbraio 2001). Nata per sedare il contrasto e per dare risposte ai pericoli per la tenuta del mercato paventati dalle banche, infatti, quest’ultima ha conferito nuova vitalità alle tesi di coloro che sostenevano o la nullità, o l’inefficacia, o l’inesigibilità parziale contra buona fede ex art. 1375 c.c. successive per superamento del tasso soglia vigente al tempo della corresponsione degli interessi. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte a Sezioni Unite, muovendo dal dato letterale della norma di interpretazione autentica, ha negato che possa configurarsi l’illiceità sopravvenuta della clausola interessi, pur ammettendo l’operatività di altri strumenti di tutela per il mutuatario; tra questi, in particolare, ha invocato il principio di buona fede esecutiva, a cui, tuttavia, non si potrebbe attingere per il mero superamento del tasso soglia, ma solo in presenza di “particolari modalità o circostanze”. Una poco convinta chiusura nei confronti dell’usura sopravvenuta, dunque. Dopo aver dato conto degli elementi di debolezza propri delle teorie della nullità e dell’inefficacia successiva, si è ritenuto propendere per la soluzione fornita dalla Corte di Cassazione, seppur criticando la necessità di dover sganciare il giudizio sullo squilibrio contrattuale dal parametro oggettivo dell’oltrepassamento del tasso soglia, che potrebbe compromettere le esigenze di tutela del mutuatario nonché parte debole del rapporto.
2018
Chantal Bomprezzi
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