Il tema della sindacabilità del diritto vivente è stato riproposto all’attenzione dei commentatori con le recenti sentenze della Corte Costituzionale n. 1 e n. 3 del 2015. Si tratta di due pronunce aventi caratteristiche e natura diverse, ma accomunate dal proposito di verificare la compatibilità costituzionale di determinate interpretazioni giurisprudenziali . In entrambi i casi la Corte affronta diverse problematiche relative agli effetti del diritto vivente ed, in un certo senso, interferisce con l’esercizio della funzione nomofilattica da parte della Corte Suprema per evitare che il consolidamento di un orientamento giurisprudenziale finisca per comportare violazioni dei precetti costituzionali. Va opportunamente osservato che la Corte, in aderenza al dettato esplicito dell’art. 134 Cost., evidenzia che le questioni di legittimità interessano articoli di leggi - seppur come interpretati nella giurisprudenza – nonostante la questioni rimesse dai giudici a quo fossero specificamente circoscritte alla legittimità di una data lettura di quelle disposizioni. In altre parole, da un lato, i giudici remittenti mostrano di non potere ricercare un possibile significato della disposizione che risulti costituzionalmente compatibile in quanto costretti a constatare un consolidato diritto vivente, mentre, dall’altro lato, la Consulta non rinuncia ad esercitare una sorta di funzione nomofilattica costituzionale svincolando, talora, la disposizione legislativa dall’interpretazione consolidata dal diritto vivente. La tensione tra il potere della Corte Suprema (specie nella sua composizione a sezioni unite) di stabilire l’interpretazione definitiva di una data disposizione legislativa e il potere esclusivo della Consulta di svolgere giudizi di compatibilità costituzionale si dimostra ancora oggi particolarmente accentuata e foriera di possibili conflitti.

Il ritorno senz'armi su un vecchio campo di battaglia: nota alle sentt. 1 e 3 del 2015 della Corte costituzionale

Alessandro Martinuzzi
2015

Abstract

Il tema della sindacabilità del diritto vivente è stato riproposto all’attenzione dei commentatori con le recenti sentenze della Corte Costituzionale n. 1 e n. 3 del 2015. Si tratta di due pronunce aventi caratteristiche e natura diverse, ma accomunate dal proposito di verificare la compatibilità costituzionale di determinate interpretazioni giurisprudenziali . In entrambi i casi la Corte affronta diverse problematiche relative agli effetti del diritto vivente ed, in un certo senso, interferisce con l’esercizio della funzione nomofilattica da parte della Corte Suprema per evitare che il consolidamento di un orientamento giurisprudenziale finisca per comportare violazioni dei precetti costituzionali. Va opportunamente osservato che la Corte, in aderenza al dettato esplicito dell’art. 134 Cost., evidenzia che le questioni di legittimità interessano articoli di leggi - seppur come interpretati nella giurisprudenza – nonostante la questioni rimesse dai giudici a quo fossero specificamente circoscritte alla legittimità di una data lettura di quelle disposizioni. In altre parole, da un lato, i giudici remittenti mostrano di non potere ricercare un possibile significato della disposizione che risulti costituzionalmente compatibile in quanto costretti a constatare un consolidato diritto vivente, mentre, dall’altro lato, la Consulta non rinuncia ad esercitare una sorta di funzione nomofilattica costituzionale svincolando, talora, la disposizione legislativa dall’interpretazione consolidata dal diritto vivente. La tensione tra il potere della Corte Suprema (specie nella sua composizione a sezioni unite) di stabilire l’interpretazione definitiva di una data disposizione legislativa e il potere esclusivo della Consulta di svolgere giudizi di compatibilità costituzionale si dimostra ancora oggi particolarmente accentuata e foriera di possibili conflitti.
2015
Alessandro Martinuzzi
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