Con le sentenze “gemelle” n. 7663 e 8058 del 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla giurisdizione in materia di affidamento di servizi aeroportuali, distinguendo le ipotesi nelle quali deve ritenersi necessario (o meno) indire procedure ad evidenza pubblica ai fini della subconcessione di porzioni di spazi dell’infrastruttura aeroportuale agli operatori commerciali che ne facciano richiesta. Come noto, lo sfruttamento economico di aree e locali assume particolare rilevanza nella gestione aeroportuale, rappresentando una considerevole fonte di proventi, come confermato dalla scelta operata in sede di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, laddove – in una prospettiva dinamica – è stato superato il riferimento agli “aerodromi” in favore dell’utilizzo del termine “aeroporti” , in considerazione del sempre maggiore rilievo delle operazioni di assistenza agli aeromobili, ai passeggeri e alle merci . Infatti, “gli aeroporti nazionali sono considerati veri e propri centri di attività di natura commerciale affidati, attraverso un provvedimento concessorio, in gestione a soggetti diversi dallo Stato, i quali assumono il compito di svolgere in essi attività sia di governo sia di natura imprenditoriale ”. Come ritenuto da larga parte della Dottrina, ai fini della regolamentazione, assume – invero – ben maggiore rilievo la più articolata nozione di “impresa aeroportuale”, “inerente alla gestione degli impianti e delle infrastrutture, nonché l’organizzazione e gestione di ulteriori attività alla stessa strumentali” . La definizione del termine “aeroporto” è stata espressamente fornita dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 , il cui art. 72, comma 1, qualifica come aeroporto “qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili, inclusi gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili nonché gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali”. Ai fini della presente analisi, giova ricordare che le convenzioni di concessione attribuiscono alla società di gestione un diritto speciale ed esclusivo sull’infrastruttura aeroportuale, bene demaniale ai sensi degli artt. 822, comma 2, c.c. e 692 cod. nav. , correlato alla gestione dell’infrastruttura medesima, nonché al coordinamento delle attività degli altri operatori presenti. Con l’affidamento in concessione, la società di gestione ottiene il trasferimento in uso delle aree, degli immobili e degli impianti facenti parte del sedime aeroportuale , che dovranno essere amministrati e gestiti “secondo criteri di trasparenza e non discriminazione” (come previsto dall’art. 705 cod. nav.), se del caso anche tramite affidamento in subconcessione a soggetti terzi .
Alessandra Laconi (2018). La giurisdizione in tema di subconcessione di servizi aeroportuali: un dibattito in corso di superamento?. IL DIRITTO MARITTIMO, CXX(1), 139-147.
La giurisdizione in tema di subconcessione di servizi aeroportuali: un dibattito in corso di superamento?
Alessandra Laconi
2018
Abstract
Con le sentenze “gemelle” n. 7663 e 8058 del 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla giurisdizione in materia di affidamento di servizi aeroportuali, distinguendo le ipotesi nelle quali deve ritenersi necessario (o meno) indire procedure ad evidenza pubblica ai fini della subconcessione di porzioni di spazi dell’infrastruttura aeroportuale agli operatori commerciali che ne facciano richiesta. Come noto, lo sfruttamento economico di aree e locali assume particolare rilevanza nella gestione aeroportuale, rappresentando una considerevole fonte di proventi, come confermato dalla scelta operata in sede di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, laddove – in una prospettiva dinamica – è stato superato il riferimento agli “aerodromi” in favore dell’utilizzo del termine “aeroporti” , in considerazione del sempre maggiore rilievo delle operazioni di assistenza agli aeromobili, ai passeggeri e alle merci . Infatti, “gli aeroporti nazionali sono considerati veri e propri centri di attività di natura commerciale affidati, attraverso un provvedimento concessorio, in gestione a soggetti diversi dallo Stato, i quali assumono il compito di svolgere in essi attività sia di governo sia di natura imprenditoriale ”. Come ritenuto da larga parte della Dottrina, ai fini della regolamentazione, assume – invero – ben maggiore rilievo la più articolata nozione di “impresa aeroportuale”, “inerente alla gestione degli impianti e delle infrastrutture, nonché l’organizzazione e gestione di ulteriori attività alla stessa strumentali” . La definizione del termine “aeroporto” è stata espressamente fornita dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 , il cui art. 72, comma 1, qualifica come aeroporto “qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili, inclusi gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili nonché gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali”. Ai fini della presente analisi, giova ricordare che le convenzioni di concessione attribuiscono alla società di gestione un diritto speciale ed esclusivo sull’infrastruttura aeroportuale, bene demaniale ai sensi degli artt. 822, comma 2, c.c. e 692 cod. nav. , correlato alla gestione dell’infrastruttura medesima, nonché al coordinamento delle attività degli altri operatori presenti. Con l’affidamento in concessione, la società di gestione ottiene il trasferimento in uso delle aree, degli immobili e degli impianti facenti parte del sedime aeroportuale , che dovranno essere amministrati e gestiti “secondo criteri di trasparenza e non discriminazione” (come previsto dall’art. 705 cod. nav.), se del caso anche tramite affidamento in subconcessione a soggetti terzi .I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.