Nell’arco epocale che va dall’età ottoniana a Innocenzo III si manifesta un processo talvol-ta notato dai medievisti, ma che è stato perlopiù descritto dagli storici dell’arte e della litur-gia. Si afferma in quei secoli un’esigenza di maggiore visibilità delle reliquie, che si esprime e si accentua attraverso il nuovo aspetto dei reliquiari, che assumono sempre più spesso conformazioni anatomiche. Nel corso del Duecento, antropomorfici o meno che fossero – anche i tradizionali reliquiari a cassetta si riempiono infatti di immagini narrative e dimostrative –, si fanno sempre più trasparenti mostrando almeno in parte il loro contenuto at-traverso griglie, finestrelle e pareti di cristallo, e a volte uniformandosi integralmente agli o-stensori eucaristici (monstrantia è il termine tecnico che ormai li accomuna). È noto che in quegli stessi secoli le immagini acquisirono uno spazio, un’attenzione e una rilevanza sempre maggiori, e dalla fine del secolo XII le effigi miracolose venerate dai cristiani nell’Occidente latino vengono ormai sempre più assimilate, per statuto percezione e funzione, alle reliquie dei santi. In pratica, riconosciute o meno come tali, quelle immagini assumono lo statuto effettivo di acheropite, e sono dunque investite dei connotati che ne fanno delle reliquie in immagine o addirittura immagini animate, rappresentazioni e incarnazioni efficaci di quella virtus divina di cui la persona effigiata può essere il fissativo e il tramite operativo. Questo sviluppo sembra peraltro affrancare l’immagine dalla necessità di un contatto legittimante con i resti fisici del suo prototipo, come accadeva per le statue-reliquiario. Così, il potere attribuito alle nuove immagini miracolose manifesta e certifica una loro virtuale assimilazione ai vettori materiali della potenza salvifica, l’eucarestia e ler reliquie.
L. Canetti (2009). Rappresentare e vedere l’invisibile. Una semantica storica degli «ornamenta ecclesiae». MILANO : Vita e Pensiero.
Rappresentare e vedere l’invisibile. Una semantica storica degli «ornamenta ecclesiae»
CANETTI, LUIGI
2009
Abstract
Nell’arco epocale che va dall’età ottoniana a Innocenzo III si manifesta un processo talvol-ta notato dai medievisti, ma che è stato perlopiù descritto dagli storici dell’arte e della litur-gia. Si afferma in quei secoli un’esigenza di maggiore visibilità delle reliquie, che si esprime e si accentua attraverso il nuovo aspetto dei reliquiari, che assumono sempre più spesso conformazioni anatomiche. Nel corso del Duecento, antropomorfici o meno che fossero – anche i tradizionali reliquiari a cassetta si riempiono infatti di immagini narrative e dimostrative –, si fanno sempre più trasparenti mostrando almeno in parte il loro contenuto at-traverso griglie, finestrelle e pareti di cristallo, e a volte uniformandosi integralmente agli o-stensori eucaristici (monstrantia è il termine tecnico che ormai li accomuna). È noto che in quegli stessi secoli le immagini acquisirono uno spazio, un’attenzione e una rilevanza sempre maggiori, e dalla fine del secolo XII le effigi miracolose venerate dai cristiani nell’Occidente latino vengono ormai sempre più assimilate, per statuto percezione e funzione, alle reliquie dei santi. In pratica, riconosciute o meno come tali, quelle immagini assumono lo statuto effettivo di acheropite, e sono dunque investite dei connotati che ne fanno delle reliquie in immagine o addirittura immagini animate, rappresentazioni e incarnazioni efficaci di quella virtus divina di cui la persona effigiata può essere il fissativo e il tramite operativo. Questo sviluppo sembra peraltro affrancare l’immagine dalla necessità di un contatto legittimante con i resti fisici del suo prototipo, come accadeva per le statue-reliquiario. Così, il potere attribuito alle nuove immagini miracolose manifesta e certifica una loro virtuale assimilazione ai vettori materiali della potenza salvifica, l’eucarestia e ler reliquie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.