La riforma della disciplina in materia di cannabis in prospettiva medico-legale

La cannabis o canapa appartiene al genere di piante in cui sono contenute molecole psicoattive denominate tetraidrocannabinoli, tra i quali il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) rappresenta lo xenobiotico di maggiore interesse per i suoi effetti sul sistema nervoso centrale, rappresentati principalmente da dispercezioni, sedazione, distaccamento, ilarità e incrementato coinvolgimento nelle attività ricreative. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) identifica la cannabis come la sostanza d’abuso maggiormente diffusa a livello mondiale e l’Italia, paese in cui secondo le statistiche 2016 dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), circa il 32% della popolazione tra i 15 ed i 64 anni ha fatto uso di cannabis una tantum nella vita, si pone al terzo posto in Europa per questo genere di consumo. La cannabis, probabilmente la sostanza psicoattiva più dibattuta nel mondo occidentale, alimenta inoltre a livello europeo un mercato multi-miliardario. Sebbene nella maggioranza degli stati europei e mondiali l’uso della cannabis sia illegale, diversi stati ne consentono il consumo a finalità terapeutica e in alcuni anche a scopo voluttuario. In particolare, in Italia, a seguito della legalizzazione dell’impiego di derivati della cannabis nella terapia di alcune condizioni patologiche, è attualmente in discussione la proposta di legge finalizzata alla legalizzazione del suo consumo anche a scopo voluttuario. Per contribuire a un consapevole dibattito politico e sociale, sono d’obbligo alcune considerazioni di pertinenza medico-legale in merito, relative ai principali aspetti storici e biologico-sanitari legati all’uso, nonché alle problematiche accertative in ambito di tossicologia forense, aspetti chiave nell’ottica di un’eventuale legalizzazione del consumo di cannabis a scopo voluttuario.