Si commenta la sentenza Gonzales Attorney v Carhart er al della Corte Suprema USA (18 aprile 2007), che introduce nuovi limiti al diritto di abortire, in contrasto con la precedente giurisprudenza (Roe e Casey). Si sottolinea il triplice effetto della sentenza: a) la sentenza contiene un potenziale corrosivo del principio dello stare decisis, del potere giurisdizionale della Corte e del suo ruolo nella garanzia dei diritti in quanto effettua un parziale overruling senza la "most compelling reason"; b) la sentenza sposa l'argomento propagandato dai recenti movimenti anti abortisti per cui sarebbe l'aborto stesso a costituire un danno per le donne. Queste ultime, infatti, se esaurientemente informate e non soggette a pressione, non sceglierebbero in nessun caso di abortire in quanto ciò sarebbe contrario alla loro naturi di madri; la sentenza fa dunque leva su stereotipi di genere per limitare un diritto costituzionale, il che è stato a più riprese giudicato illegittimi dalla stessa Corte; c) la sentenza pone le basi per una futura, ulteriore, compressione del diritto di abortire, sancendo che è l'aborto in quanto tale ad essere lesivo della salute fisica e psichica della donna.
S. Mancini (2007). Le donne vanno protette da loro stesse? L'aborto al vaglio della Supreme Court. QUADERNI COSTITUZIONALI, 3, 654-657.
Le donne vanno protette da loro stesse? L'aborto al vaglio della Supreme Court
MANCINI, SUSANNA
2007
Abstract
Si commenta la sentenza Gonzales Attorney v Carhart er al della Corte Suprema USA (18 aprile 2007), che introduce nuovi limiti al diritto di abortire, in contrasto con la precedente giurisprudenza (Roe e Casey). Si sottolinea il triplice effetto della sentenza: a) la sentenza contiene un potenziale corrosivo del principio dello stare decisis, del potere giurisdizionale della Corte e del suo ruolo nella garanzia dei diritti in quanto effettua un parziale overruling senza la "most compelling reason"; b) la sentenza sposa l'argomento propagandato dai recenti movimenti anti abortisti per cui sarebbe l'aborto stesso a costituire un danno per le donne. Queste ultime, infatti, se esaurientemente informate e non soggette a pressione, non sceglierebbero in nessun caso di abortire in quanto ciò sarebbe contrario alla loro naturi di madri; la sentenza fa dunque leva su stereotipi di genere per limitare un diritto costituzionale, il che è stato a più riprese giudicato illegittimi dalla stessa Corte; c) la sentenza pone le basi per una futura, ulteriore, compressione del diritto di abortire, sancendo che è l'aborto in quanto tale ad essere lesivo della salute fisica e psichica della donna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.