Sebbene il problema della malnutrizione ospedaliera sia riconosciuto essere importante, esso spesso non riceve una particolare attenzione clinica fino a che il paziente non è trasferito in unità ospedaliere specialistiche. Molto spesso si considera il termine “malnutrizione ospedaliera” come sinonimo di “malnutrizione calorico-proteica”. Sebbene questo tipo di malnutrizione sia ampiamente presente nel soggetto ospedalizzato, essa non appare essere l’unica, e quindi occorre tenere presente lo status anche di altri nutrienti. Occorre anche considerare che la malnutrizione proteica non è confinata ad alcune patologie come i tumori, ma è comune a diverse malattie, di cui può aggravare la progressione, complicare il trattamento terapeutico ed aumentare la mortalità. Una valutazione dello stato nutrizionale del paziente ospedaliero è quindi importante, ma purtroppo manca un approccio standard, così come metodologie specifiche per valutare lo stato di nutrizione in modo rapido nel paziente critico. In realtà, tra gli esami routinari di laboratorio alcuni forniscono informazioni utili circa lo stato di nutrizione del paziente e, di conseguenza, le sue necessità nutrizionali. Molto spesso, essi non vengono presi totalmente in considerazione in quanto la loro interpretazione “nutrizionale” richiede un’esperienza biochimico-nutrizionale, e a volte i dati di laboratorio devono essere ulteriormente processati per poter permettere delle conclusioni. Il primo passo per la valutazione nutrizionale di un paziente è la misurazione del suo peso e della sua altezza, al fine di calcolare l’indice di massa corporea (body mass index, BMI). E’ noto infatti che, in diverse patologie, un BMI <20 kg/m2 è associato ad un maggiore rischio di mortalità. Occorre però considerare che i pazienti sono spesso edematosi, e questo comporta un errore nella valutazione del BMI. Può essere importante, allora, ricorrere ad altri indici per evidenziare l’entità della massa muscolare e della massa adiposa. Tutto ciò è utile anche per la stima del fabbisogno calorico del soggetto, e per la valutazione del suo metabolismo proteico. Tra le diverse malnutrizioni che possono presentarsi nel paziente ospedalizzato e che spesso non vengono valutate sono da annoverarsi quelle di vitamina D, di calcio e di fosfati. Per quanto riguarda la prima, la ridotta esposizione alla luce solare è considerata la maggiore causa di insufficiente apporto, ma ad essa si associano, nel paziente ospedalizzato, un’alimentazione a contenuto non sufficiente della vitamina, la presenza di malassorbimenti, alterazioni della funzione renale, terapie farmacologiche. La carenza di vitamina D può essere a sua volta causa di carenza di calcio, aggravata da possibile concomitanza di altre patologie ipocalcemizzanti. L’ipocalcemia è strettamente correlata ad una ipofosfatemia. Lo stato di nutrizione del paziente critico è, quindi, un problema complesso a cui contribuiscono una serie di variabili biochimico metaboliche tra loro correlate, a volte comuni a tutte le condizioni morbose, a volte specifiche di un particolare quadro patologico. Tale complessità non deve peraltro far desistere dal tentare di prevenire e contrastare lo stato di malnutrizione. E’ auspicabile che l’aumento degli studi biochimico-clinici in questo settore permetterà di migliorare la gestione di questa situazione, con indubbio vantaggio prognostico per il paziente.
A. Bordoni (2007). Biochimica dello stato di malnutrizione. s.l : s.n.
Biochimica dello stato di malnutrizione
BORDONI, ALESSANDRA
2007
Abstract
Sebbene il problema della malnutrizione ospedaliera sia riconosciuto essere importante, esso spesso non riceve una particolare attenzione clinica fino a che il paziente non è trasferito in unità ospedaliere specialistiche. Molto spesso si considera il termine “malnutrizione ospedaliera” come sinonimo di “malnutrizione calorico-proteica”. Sebbene questo tipo di malnutrizione sia ampiamente presente nel soggetto ospedalizzato, essa non appare essere l’unica, e quindi occorre tenere presente lo status anche di altri nutrienti. Occorre anche considerare che la malnutrizione proteica non è confinata ad alcune patologie come i tumori, ma è comune a diverse malattie, di cui può aggravare la progressione, complicare il trattamento terapeutico ed aumentare la mortalità. Una valutazione dello stato nutrizionale del paziente ospedaliero è quindi importante, ma purtroppo manca un approccio standard, così come metodologie specifiche per valutare lo stato di nutrizione in modo rapido nel paziente critico. In realtà, tra gli esami routinari di laboratorio alcuni forniscono informazioni utili circa lo stato di nutrizione del paziente e, di conseguenza, le sue necessità nutrizionali. Molto spesso, essi non vengono presi totalmente in considerazione in quanto la loro interpretazione “nutrizionale” richiede un’esperienza biochimico-nutrizionale, e a volte i dati di laboratorio devono essere ulteriormente processati per poter permettere delle conclusioni. Il primo passo per la valutazione nutrizionale di un paziente è la misurazione del suo peso e della sua altezza, al fine di calcolare l’indice di massa corporea (body mass index, BMI). E’ noto infatti che, in diverse patologie, un BMI <20 kg/m2 è associato ad un maggiore rischio di mortalità. Occorre però considerare che i pazienti sono spesso edematosi, e questo comporta un errore nella valutazione del BMI. Può essere importante, allora, ricorrere ad altri indici per evidenziare l’entità della massa muscolare e della massa adiposa. Tutto ciò è utile anche per la stima del fabbisogno calorico del soggetto, e per la valutazione del suo metabolismo proteico. Tra le diverse malnutrizioni che possono presentarsi nel paziente ospedalizzato e che spesso non vengono valutate sono da annoverarsi quelle di vitamina D, di calcio e di fosfati. Per quanto riguarda la prima, la ridotta esposizione alla luce solare è considerata la maggiore causa di insufficiente apporto, ma ad essa si associano, nel paziente ospedalizzato, un’alimentazione a contenuto non sufficiente della vitamina, la presenza di malassorbimenti, alterazioni della funzione renale, terapie farmacologiche. La carenza di vitamina D può essere a sua volta causa di carenza di calcio, aggravata da possibile concomitanza di altre patologie ipocalcemizzanti. L’ipocalcemia è strettamente correlata ad una ipofosfatemia. Lo stato di nutrizione del paziente critico è, quindi, un problema complesso a cui contribuiscono una serie di variabili biochimico metaboliche tra loro correlate, a volte comuni a tutte le condizioni morbose, a volte specifiche di un particolare quadro patologico. Tale complessità non deve peraltro far desistere dal tentare di prevenire e contrastare lo stato di malnutrizione. E’ auspicabile che l’aumento degli studi biochimico-clinici in questo settore permetterà di migliorare la gestione di questa situazione, con indubbio vantaggio prognostico per il paziente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.