Nel contributo si commenta criticamente una decision della Corte d'Appello di Bologna del 29 ottobre 2012 con la quale si reputa legittimo il contratto di lavoro a progetto stipulato da una società cooperativa per l’affidamento di attività di assistenza domiciliare a persone non autosufficienti "ove sia specificamente indicato il nominativo del beneficiario e siano elencate, a titolo esemplificativo, le prestazioni assistenziali, rimettendo agli accordi tra il collaboratore e l’assistito la scelta quotidiana delle attività da svolgere e la determinazione dei tempi della presenza del collaboratore presso l’abitazione dell’assistito entro un limite massimo giornaliero predefinito alla committente, con corrispettivo correlato alle ore di lavoro effettivamente svolte". L’esito appare incongruo poiché il decisore non tiene conto della funzione cui il progetto è preordinato: tale concetto va infatti letto attraverso il filtro della ratio legis (De Luca Tamajo, 2003), pacificamente orientata ad escludere un impiego del lavoro autonomo coordinato come mero sostituto funzionale del lavoro dipendente (Perulli, 2004). Anche in giurisprudenza, del resto, si è molto valorizzato l’elemento della specificità del progetto, ritenendo che il legislatore abbia assegnato al committente «un onere descrittivo rigoroso» riguardante tanto le attività affidate al collaboratore (art. 61, co. 1), quanto le modalità di coordinamento di quest’ultimo all’organizzazione del committente (art. 62, co. 1, lett. d). La Corte si è invece accontentata della mera indicazione del nominativo del beneficiario dell’attività di assistenza domiciliare e di una generica elencazione delle prestazioni assistenziali, ed ha ritenuto che rinviare alla relazione tra il lavoratore e l’assistito una più articolata e puntuale individuazione dei compiti e della tempistica non solo fosse legittimo ma addirittura costituisse garanzia della natura genuinamente autonoma del rapporto, assicurando la non ingerenza della committente sulle modalità di svolgimento del medesimo. È stata altresì colpevolmente tralasciata la serialità dei contratti a progetto come anche l’assoluta coincidenza delle attività affidate ai collaboratori con l’oggetto sociale della convenuta: elementi questi sintomatici di un utilizzo incongruo dell’istituto.

F. Martelloni (2013). Semaforo verde alle badanti «a progetto»: un’interpretazione osteggiata dalla riforma Fornero. RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL LAVORO, 2, 361-365.

Semaforo verde alle badanti «a progetto»: un’interpretazione osteggiata dalla riforma Fornero

MARTELLONI, FEDERICO
2013

Abstract

Nel contributo si commenta criticamente una decision della Corte d'Appello di Bologna del 29 ottobre 2012 con la quale si reputa legittimo il contratto di lavoro a progetto stipulato da una società cooperativa per l’affidamento di attività di assistenza domiciliare a persone non autosufficienti "ove sia specificamente indicato il nominativo del beneficiario e siano elencate, a titolo esemplificativo, le prestazioni assistenziali, rimettendo agli accordi tra il collaboratore e l’assistito la scelta quotidiana delle attività da svolgere e la determinazione dei tempi della presenza del collaboratore presso l’abitazione dell’assistito entro un limite massimo giornaliero predefinito alla committente, con corrispettivo correlato alle ore di lavoro effettivamente svolte". L’esito appare incongruo poiché il decisore non tiene conto della funzione cui il progetto è preordinato: tale concetto va infatti letto attraverso il filtro della ratio legis (De Luca Tamajo, 2003), pacificamente orientata ad escludere un impiego del lavoro autonomo coordinato come mero sostituto funzionale del lavoro dipendente (Perulli, 2004). Anche in giurisprudenza, del resto, si è molto valorizzato l’elemento della specificità del progetto, ritenendo che il legislatore abbia assegnato al committente «un onere descrittivo rigoroso» riguardante tanto le attività affidate al collaboratore (art. 61, co. 1), quanto le modalità di coordinamento di quest’ultimo all’organizzazione del committente (art. 62, co. 1, lett. d). La Corte si è invece accontentata della mera indicazione del nominativo del beneficiario dell’attività di assistenza domiciliare e di una generica elencazione delle prestazioni assistenziali, ed ha ritenuto che rinviare alla relazione tra il lavoratore e l’assistito una più articolata e puntuale individuazione dei compiti e della tempistica non solo fosse legittimo ma addirittura costituisse garanzia della natura genuinamente autonoma del rapporto, assicurando la non ingerenza della committente sulle modalità di svolgimento del medesimo. È stata altresì colpevolmente tralasciata la serialità dei contratti a progetto come anche l’assoluta coincidenza delle attività affidate ai collaboratori con l’oggetto sociale della convenuta: elementi questi sintomatici di un utilizzo incongruo dell’istituto.
2013
F. Martelloni (2013). Semaforo verde alle badanti «a progetto»: un’interpretazione osteggiata dalla riforma Fornero. RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL LAVORO, 2, 361-365.
F. Martelloni
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