L’atto del cibarsi, nei paesi sviluppati, è un’azione che mediamente ognuno di noi compie almeno tre volte al giorno ed è diventato un atto talmente abituale e scontato che non gli si attribuisce più il valore e il peso che meriterebbe, sebbene sia essenziale per la nostra sopravvivenza. Nutrirsi sembra quindi un atto che per molti di noi ha perso valore, e non solo quello economico, ma anche e soprattutto quello etico, sociale, culturale, ambientale e biologico. Questo è dimostrato dal fatto che a livello europeo il 43% dello spreco alimentare ha luogo a livello domestico. Se tutti noi considerassimo il cibo un bene essenziale per la vita, sicuramente non lo sprecheremmo. Lo spreco viene perpetrato, senza la consapevolezza delle sue conseguenze, anche in termini di spreco di risorse utilizzate per la sua produzione. Forse, al fine di ridurre tale fenomeno, potrebbe essere utile quantificare le ingenti risorse che vengo impiegate. Con questo contributo cercheremo quindi di dare una nuova chiave di lettura dei nostri modelli alimentari, ponendo in risalto che impatto idrico possono avere a seconda degli stili di consumo adottati. Prendendo come riferimento il lavoro di Loius Malassis, che, alla fine degli anni ’80, classificò le diete in base al loro modello agronutrizionale (Man), riclassificando i diversi modelli alimentari con dati aggiornati, si cercherà di fornire una quantificazione dell’impatto idrico delle diete, avvalendoci principalmente dei risultati delle ricerche di Allan e Hoekstra in termini di consumi idrici degli alimenti. In definitiva il contributo ha come obiettivi quello di evidenziare i consumi di acqua virtuale dei differenti modelli agronutrizionali, alla base dei differenti stili di vita e di consumo, ma anche di porre in evidenza come piccole modifiche di questi possono determinare variazioni in termini di impatto idrico e una conseguente riduzione sulla pressione delle risorse idriche mondiali.

Acqua virtuale nella dieta, nella spesa, nello spreco alimentare

FALASCONI, LUCA;SEGRE', ANDREA;BELLETTATO, CECILIA
2013

Abstract

L’atto del cibarsi, nei paesi sviluppati, è un’azione che mediamente ognuno di noi compie almeno tre volte al giorno ed è diventato un atto talmente abituale e scontato che non gli si attribuisce più il valore e il peso che meriterebbe, sebbene sia essenziale per la nostra sopravvivenza. Nutrirsi sembra quindi un atto che per molti di noi ha perso valore, e non solo quello economico, ma anche e soprattutto quello etico, sociale, culturale, ambientale e biologico. Questo è dimostrato dal fatto che a livello europeo il 43% dello spreco alimentare ha luogo a livello domestico. Se tutti noi considerassimo il cibo un bene essenziale per la vita, sicuramente non lo sprecheremmo. Lo spreco viene perpetrato, senza la consapevolezza delle sue conseguenze, anche in termini di spreco di risorse utilizzate per la sua produzione. Forse, al fine di ridurre tale fenomeno, potrebbe essere utile quantificare le ingenti risorse che vengo impiegate. Con questo contributo cercheremo quindi di dare una nuova chiave di lettura dei nostri modelli alimentari, ponendo in risalto che impatto idrico possono avere a seconda degli stili di consumo adottati. Prendendo come riferimento il lavoro di Loius Malassis, che, alla fine degli anni ’80, classificò le diete in base al loro modello agronutrizionale (Man), riclassificando i diversi modelli alimentari con dati aggiornati, si cercherà di fornire una quantificazione dell’impatto idrico delle diete, avvalendoci principalmente dei risultati delle ricerche di Allan e Hoekstra in termini di consumi idrici degli alimenti. In definitiva il contributo ha come obiettivi quello di evidenziare i consumi di acqua virtuale dei differenti modelli agronutrizionali, alla base dei differenti stili di vita e di consumo, ma anche di porre in evidenza come piccole modifiche di questi possono determinare variazioni in termini di impatto idrico e una conseguente riduzione sulla pressione delle risorse idriche mondiali.
2013
L'acqua che mangiamo
103
114
L. Falasconi; A. Segrè; C. Bellettato
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