“Ineluttabilità del Dio ingannatore di Descartes”, scriveva Hans Blumenberg difendendo la legittimità dell’età moderna che si era inaugurata, a suo dire, proprio con “l’esperimento” cartesiano estremo del dubbio metafisico sulla figura del Dio ingannatore come ipotesi iperbolica di un’imperfezione naturale della mente umana. Nelle Meditationes Blumenberg leggeva, infatti, quell’esperimento della ragione umana “che essa compie su se stessa in condizioni di difficoltà per giungere a sé e all’inizio posto a se stessa”, “costruendo così il mito del suo inizio radicale” e della sua radicale autonomia. Figure centralissime e problematiche, quella del Dio ingannatore in dittico con quella del genio maligno, che Descartes aveva introdotto nell’itinerario meditativo della prima meditazione come figure filosofiche di rischio estremo della natura umana e come argomenti d’insicurezza radicale della ragione adottati per saggiarne la tenuta filosofica e misurarne la validità mediante il ricorso alle sue sole forze: tutta la storiografia più recente non ha mancato di sottolinearlo ampiamente, pur con profonde differenze di interpretazioni. In Descartes tale argomento consente la fondazione salda e incrollabile della scienza nella filosofia prima: la mente umana ha un’origine perfettissima, un Dio verace, ed è perciò perfetta, come tutto ciò che deriva dal suo atto creatore. Paradossalmente, la metafisica cartesiana giunge a rivendicare alla mente finita la capacità di raggiungere il vero indipendentemente da ogni soccorso sovrannaturale – la grazia, la rivelazione – proprio attraverso la nozione chiara e distinta di Dio che essa concepisce come la più chiara e la più distinta.

“Fallacia vel deceptio”. Descartes e gli inganni di Dio / M. SPALLANZANI. - In: I CASTELLI DI YALE ONLINE. - ISSN 2282-5460. - ELETTRONICO. - 1:1(2013), pp. 1-23.

“Fallacia vel deceptio”. Descartes e gli inganni di Dio

SPALLANZANI, MARIAFRANCA
2013

Abstract

“Ineluttabilità del Dio ingannatore di Descartes”, scriveva Hans Blumenberg difendendo la legittimità dell’età moderna che si era inaugurata, a suo dire, proprio con “l’esperimento” cartesiano estremo del dubbio metafisico sulla figura del Dio ingannatore come ipotesi iperbolica di un’imperfezione naturale della mente umana. Nelle Meditationes Blumenberg leggeva, infatti, quell’esperimento della ragione umana “che essa compie su se stessa in condizioni di difficoltà per giungere a sé e all’inizio posto a se stessa”, “costruendo così il mito del suo inizio radicale” e della sua radicale autonomia. Figure centralissime e problematiche, quella del Dio ingannatore in dittico con quella del genio maligno, che Descartes aveva introdotto nell’itinerario meditativo della prima meditazione come figure filosofiche di rischio estremo della natura umana e come argomenti d’insicurezza radicale della ragione adottati per saggiarne la tenuta filosofica e misurarne la validità mediante il ricorso alle sue sole forze: tutta la storiografia più recente non ha mancato di sottolinearlo ampiamente, pur con profonde differenze di interpretazioni. In Descartes tale argomento consente la fondazione salda e incrollabile della scienza nella filosofia prima: la mente umana ha un’origine perfettissima, un Dio verace, ed è perciò perfetta, come tutto ciò che deriva dal suo atto creatore. Paradossalmente, la metafisica cartesiana giunge a rivendicare alla mente finita la capacità di raggiungere il vero indipendentemente da ogni soccorso sovrannaturale – la grazia, la rivelazione – proprio attraverso la nozione chiara e distinta di Dio che essa concepisce come la più chiara e la più distinta.
2013
“Fallacia vel deceptio”. Descartes e gli inganni di Dio / M. SPALLANZANI. - In: I CASTELLI DI YALE ONLINE. - ISSN 2282-5460. - ELETTRONICO. - 1:1(2013), pp. 1-23.
M. SPALLANZANI
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/152991
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