Il contributo analizza criticamente la sentenza della CdG UE resa nella causa C-309/06 e ne propone una massimazione originale, suddivisa in più massime, cui corrispondono autonomi commenti. La pronuncia contribuisce a chiarire in primo luogo se il contribuente possa vantare o meno un diritto comunitario ad un regime speciale - che comporta una minore imposizione Iva e che viene applicato nello Stato membro - quando esso è facoltativo, ovvero soltanto consentito o autorizzato dal diritto armonizzato. Inoltre chiarisce i rapporti tra l’esigenza di limitare del rimborso dell’Iva in caso di arricchimento senza giusta causa del contribuente, e il principio comunitario di neutralità fiscale. Infine contiene alcune specificazioni in ordine alla valenza del principio di parità di trattamento nell’Iva e il suo rapporto con quello di neutralità fiscale. In particolare, per come viene intesa in questa sentenza, la parità di trattamento nel diritto tributario armonizzato sembra essere assai prossima al principio di uguaglianza. In questo commento viene in particolare affrontata la questione se il diritto comunitario osti o meno a che un ordinamento giuridico nazionale rifiuti la restituzione di tasse indebitamente percepite a condizioni tali da causare un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto. La CdG UE ha statuito che il diritto comunitario non osta al rifiuto del diritto al rimborso, ma il principio del divieto dell’arricchimento senza causa dev’essere attuato, per essere conforme al diritto comunitario, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale e di parità di trattamento. Una normativa nazionale che prevede che il divieto di arricchimento senza causa possa essere eccepito solo ai soggetti passivi che, al termine del periodo d’imposta, evidenziano un’Iva a debito, e non a soggetti passivi che, al termine del periodo d’imposta, evidenziano un eccedenza di Iva detraibile, viola il principio di neutralità fiscale nei limiti e nella misura in cui tali soggetti passivi siano in concorrenza tra di loro, in quanto il giudice nazionali accerti che hanno distribuito merci di uno stesso tipo. In materia tributaria, violano il principio di parità di trattamento le disparità di trattamento, non obiettivamente giustificate, che riguardano operatori economici i quali, anche se non sono concorrenti tra loro, si trovano nondimeno in una situazione comparabile sotto altri rapporti. Pertanto una normativa nazionale come quella di specie viola tale principio, poiché non è obiettivamente giustificato trattare diversamente, in rapporto alla nozione di arricchimento senza causa, operatori economici non concorrenti tra loro, ma tutti detentori di un identico diritto al rimborso dell’Iva erroneamente versata, facendo dipendere l’accoglimento o meno della domanda di rimborso da una circostanza, come la loro situazione creditoria o debitoria verso l’erario al termine del periodo d’imposta, del tutto estranea alla possibilità di fruire di un arricchimento senza causa. La violazione del principio di parità di trattamento, costituita dalla discriminazione tra operatori economici in rapporto al loro diritto al rimborso dell’IVA indebitamente percepita, è indipendente dalla circostanza che i suddetti operatori abbiano o meno, in maniera certa, subito una perdita o uno svantaggio finanziario.

A. Mondini (2008). Commento alla sentenza della Corte di Giustiza UE, 10 aprile 2008, C-309/06, Marks and Spencer - 2° massima. GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE, -(3), 3-4.

Commento alla sentenza della Corte di Giustiza UE, 10 aprile 2008, C-309/06, Marks and Spencer - 2° massima

MONDINI, ANDREA
2008

Abstract

Il contributo analizza criticamente la sentenza della CdG UE resa nella causa C-309/06 e ne propone una massimazione originale, suddivisa in più massime, cui corrispondono autonomi commenti. La pronuncia contribuisce a chiarire in primo luogo se il contribuente possa vantare o meno un diritto comunitario ad un regime speciale - che comporta una minore imposizione Iva e che viene applicato nello Stato membro - quando esso è facoltativo, ovvero soltanto consentito o autorizzato dal diritto armonizzato. Inoltre chiarisce i rapporti tra l’esigenza di limitare del rimborso dell’Iva in caso di arricchimento senza giusta causa del contribuente, e il principio comunitario di neutralità fiscale. Infine contiene alcune specificazioni in ordine alla valenza del principio di parità di trattamento nell’Iva e il suo rapporto con quello di neutralità fiscale. In particolare, per come viene intesa in questa sentenza, la parità di trattamento nel diritto tributario armonizzato sembra essere assai prossima al principio di uguaglianza. In questo commento viene in particolare affrontata la questione se il diritto comunitario osti o meno a che un ordinamento giuridico nazionale rifiuti la restituzione di tasse indebitamente percepite a condizioni tali da causare un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto. La CdG UE ha statuito che il diritto comunitario non osta al rifiuto del diritto al rimborso, ma il principio del divieto dell’arricchimento senza causa dev’essere attuato, per essere conforme al diritto comunitario, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale e di parità di trattamento. Una normativa nazionale che prevede che il divieto di arricchimento senza causa possa essere eccepito solo ai soggetti passivi che, al termine del periodo d’imposta, evidenziano un’Iva a debito, e non a soggetti passivi che, al termine del periodo d’imposta, evidenziano un eccedenza di Iva detraibile, viola il principio di neutralità fiscale nei limiti e nella misura in cui tali soggetti passivi siano in concorrenza tra di loro, in quanto il giudice nazionali accerti che hanno distribuito merci di uno stesso tipo. In materia tributaria, violano il principio di parità di trattamento le disparità di trattamento, non obiettivamente giustificate, che riguardano operatori economici i quali, anche se non sono concorrenti tra loro, si trovano nondimeno in una situazione comparabile sotto altri rapporti. Pertanto una normativa nazionale come quella di specie viola tale principio, poiché non è obiettivamente giustificato trattare diversamente, in rapporto alla nozione di arricchimento senza causa, operatori economici non concorrenti tra loro, ma tutti detentori di un identico diritto al rimborso dell’Iva erroneamente versata, facendo dipendere l’accoglimento o meno della domanda di rimborso da una circostanza, come la loro situazione creditoria o debitoria verso l’erario al termine del periodo d’imposta, del tutto estranea alla possibilità di fruire di un arricchimento senza causa. La violazione del principio di parità di trattamento, costituita dalla discriminazione tra operatori economici in rapporto al loro diritto al rimborso dell’IVA indebitamente percepita, è indipendente dalla circostanza che i suddetti operatori abbiano o meno, in maniera certa, subito una perdita o uno svantaggio finanziario.
2008
A. Mondini (2008). Commento alla sentenza della Corte di Giustiza UE, 10 aprile 2008, C-309/06, Marks and Spencer - 2° massima. GIURISPRUDENZA DELLE IMPOSTE, -(3), 3-4.
A. Mondini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/117416
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