Sulla base di una lamentata discriminazione sul luogo di lavoro per ragioni d'età, si analizza l'istituto della dequalificazione professionale, attraversando la giurisprudenza che si è soffermata sul danno conseguente alla persona del lavoratore. Privilegiando la prospettiva del risarcimento del danno non patrimoniale, il contributo mette in rilievo gli esiti del Giudice decidente. Dalla fattispecie in commento risulta un'idea del danno non patrimoniale da intendersi come categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, che determina una continuità con l’idea perorata dalla Corte di Cassazione a favore di un danno omni-comprensivo nelle sentenze del novembre 2008. Dalla dequalificazione possono dunque derivare vari tipi di danno: quello patrimoniale (derivante in via diretta e automatica dalla dequalificazione della capacità professionale del lavoratore e dalla mancata acquisizione di capacità maggiori con probabile perdita addizionale di un maggior guadagno) e quello non patrimoniale, riconducibile, per esempio, al danno all’integrità psicofisica o ad altri diritti fondamentali della persona, costituzionalmente tutelati; l’indicazione di tali diversi pregiudizi all’interno del danno da demansionamento ha la funzione di garantire al lavoratore il pieno ristoro per l'illegittima condotta del datore che non ha adempiuto a un’obbligazione di non fare (non adibire il lavoratore a mansioni inferiori). Alcuni cenni vengono fatti in ordine al “generale danno qualificabile tout court morale”, rispetto al quale il Collegio giudicante non avverte alcuna necessità di attribuire alla voce di danno alcuna denominazione. Nel costruire un parallelismo tra danno biologico e danno quid pluris, si arricchisce la decisione con il cd. danno evento: il danno biologico sta alla lesione della salute come il danno non patrimoniale sta alla lesione della vita di relazione: quando il danno riguarda la lesione di un bene costituzionalmente garantito, va protetto indipendentemente da ricadute in quanto il danno s’identifica con la lesione medesima.

Dequalificazione professionale e danno liquidabile dopo le decisioni delle Sezioni Unite

ROTA, ANNA
2009

Abstract

Sulla base di una lamentata discriminazione sul luogo di lavoro per ragioni d'età, si analizza l'istituto della dequalificazione professionale, attraversando la giurisprudenza che si è soffermata sul danno conseguente alla persona del lavoratore. Privilegiando la prospettiva del risarcimento del danno non patrimoniale, il contributo mette in rilievo gli esiti del Giudice decidente. Dalla fattispecie in commento risulta un'idea del danno non patrimoniale da intendersi come categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate, che determina una continuità con l’idea perorata dalla Corte di Cassazione a favore di un danno omni-comprensivo nelle sentenze del novembre 2008. Dalla dequalificazione possono dunque derivare vari tipi di danno: quello patrimoniale (derivante in via diretta e automatica dalla dequalificazione della capacità professionale del lavoratore e dalla mancata acquisizione di capacità maggiori con probabile perdita addizionale di un maggior guadagno) e quello non patrimoniale, riconducibile, per esempio, al danno all’integrità psicofisica o ad altri diritti fondamentali della persona, costituzionalmente tutelati; l’indicazione di tali diversi pregiudizi all’interno del danno da demansionamento ha la funzione di garantire al lavoratore il pieno ristoro per l'illegittima condotta del datore che non ha adempiuto a un’obbligazione di non fare (non adibire il lavoratore a mansioni inferiori). Alcuni cenni vengono fatti in ordine al “generale danno qualificabile tout court morale”, rispetto al quale il Collegio giudicante non avverte alcuna necessità di attribuire alla voce di danno alcuna denominazione. Nel costruire un parallelismo tra danno biologico e danno quid pluris, si arricchisce la decisione con il cd. danno evento: il danno biologico sta alla lesione della salute come il danno non patrimoniale sta alla lesione della vita di relazione: quando il danno riguarda la lesione di un bene costituzionalmente garantito, va protetto indipendentemente da ricadute in quanto il danno s’identifica con la lesione medesima.
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