Che cosa significa vivere un evento della portata dell’11 settembre 2001 nell'epoca “dell'inesperienza”, come l'ha definita Anto-nio Scurati? Come si fa a cogliere l'intensità di un tale momento storico, fissarlo nella memoria per poterlo rielaborare e condi-videre con gli altri, si chiede Mauro Carbone? Partendo dalle riflessioni sulla natura ontologica della catastrofe americana da parte di filosofi, studiosi della letteratura e dell’arte, sulle modalità della sua “fruizione” mediatica e sul più ampio contesto so-cio-politico che ha potuto generare un evento in grado di sfuggire a qualunque tentativo di facile riduzione o mera categorizza-zione, nel presente articolo si indagheranno le strategie che due scrittori, Don DeLillo e Mohsin Hamid, hanno saputo elaborare confrontandosi con la problematica irrappresentabilità di un evento come l'11 settembre 2001. The Falling Man e The Reluctant Fundamentalist, entrambi pubblicati nel 2007, appartengono a quel genere romanzesco definito dalla critica come post-9/11. Se da un lato DeLillo compie una ricognizione più stringente sull’evento in sé, tentando di offrirne una rappresentazione multifocale che si dipana lungo una temporalità ciclica, simile a un loop cinematografico, dall’altro Hamid propone una prospettiva più obliqua e distaccata sull’accaduto, privilegiando una linearità della narrazione che viene consape-volmente limitata a un unico punto di vista.In entrambi i casi, si avverte un tentativo (riuscito?) di oltrepassare i confini rappresentativi imposti sia dalla rigidità delle strut-ture narrative, sia dalla natura stereotipata che l'evento ha ormai assunto all'interno dell'immaginario collettivo.
Seligardi Beatrice, Shvanyukova Polina (2011). Crisis of Experience and Narrative Fictuality in the Postmodern Age: Facing the Catastrophe. ELEPHANT & CASTLE, lab - dicembre 2011, 1-16.
Crisis of Experience and Narrative Fictuality in the Postmodern Age: Facing the Catastrophe
Seligardi Beatrice;
2011
Abstract
Che cosa significa vivere un evento della portata dell’11 settembre 2001 nell'epoca “dell'inesperienza”, come l'ha definita Anto-nio Scurati? Come si fa a cogliere l'intensità di un tale momento storico, fissarlo nella memoria per poterlo rielaborare e condi-videre con gli altri, si chiede Mauro Carbone? Partendo dalle riflessioni sulla natura ontologica della catastrofe americana da parte di filosofi, studiosi della letteratura e dell’arte, sulle modalità della sua “fruizione” mediatica e sul più ampio contesto so-cio-politico che ha potuto generare un evento in grado di sfuggire a qualunque tentativo di facile riduzione o mera categorizza-zione, nel presente articolo si indagheranno le strategie che due scrittori, Don DeLillo e Mohsin Hamid, hanno saputo elaborare confrontandosi con la problematica irrappresentabilità di un evento come l'11 settembre 2001. The Falling Man e The Reluctant Fundamentalist, entrambi pubblicati nel 2007, appartengono a quel genere romanzesco definito dalla critica come post-9/11. Se da un lato DeLillo compie una ricognizione più stringente sull’evento in sé, tentando di offrirne una rappresentazione multifocale che si dipana lungo una temporalità ciclica, simile a un loop cinematografico, dall’altro Hamid propone una prospettiva più obliqua e distaccata sull’accaduto, privilegiando una linearità della narrazione che viene consape-volmente limitata a un unico punto di vista.In entrambi i casi, si avverte un tentativo (riuscito?) di oltrepassare i confini rappresentativi imposti sia dalla rigidità delle strut-ture narrative, sia dalla natura stereotipata che l'evento ha ormai assunto all'interno dell'immaginario collettivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.