Fama e infamia nella santità medievale

Saints are always defined by others as historians have no say about sanctity in itself. The boundaries between fame and imposture are therefore always liable to be confused in relation to variations in the perception of signs and the definition of the criteria of sanctity. Medieval sources, which were produced and transmitted almost exclusively by the institution that decided these criteria, are peppered with episodes where pseudo-prophets and false saints were condemned. However, these episodes, which cover a variety of critical situations, reflect the persistent difficulty of bishops and preachers in limiting, channelling, and sometimes suppressing forms of religiosity and worship that expressed needs and feelings which were not fully satisfied or were even ignored or repressed by the official regulations on worship and liturgy.

Il santo è sempre per tale per gli altri (lo storico non ha voce in capitolo sulla santità in sé). Pertanto, anche i confini tra fama e impostura sono sempre a rischio di confondersi, in relazione al variare della percezione dei segni e alla definizione dei criteri di accertamento della santità. Le fonti medievali, prodotte e tramandate quasi esclusivamente dall’istituzione che deteneva i criteri di autenticazione del sacro, sono costellate da episodi di condanna di pseudoprofeti e falsi santi. Questi episodi sono però lo specchio, in situazioni critiche anche molto differenti, della persistente difficoltà, da parte di vescovi e predicatori, di arginare, incanalare e talvolta sopprimere forme di religiosità e devozione che esprimevano bisogni, attitudini e sensibilità non pienamente soddisfatte o addirittura ignorate o represse dalla disciplina ufficiale del culto e della liturgia