All’inizio degli anni Ottanta, l’Istituto dei Beni Culturali dell’Emilia-Romagna promosse un censimento delle colonie per l’infanzia sul litorale romagnolo, che mostrava come, a quella data, quasi la metà delle colonie marine della Romagna risultasse in disuso o avesse variato la destinazione d’uso originaria subendo pesanti modifiche. Un aggiornamento dello stesso censimento, prodotto nel 2021 dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, rivela ad oggi un quadro ancora più frammentato, tra demolizioni, abbandoni, e riedificazioni. La storiografia ha sinora dedicato maggiore attenzione alle colonie realizzate durante il periodo fascista, la cui storia tuttavia non si concluse con la caduta nel regime: dopo la soppressione del partito nel 1943, il Governo Badoglio istituì nel 1944 il Commissariato Nazionale della Gioventù Italiana, con il compito di recuperare e gestire l’ingente patrimonio immobiliare della ex-GIL, parte fondamentale del quale erano le grandi colonie per l’infanzia: megastrutture complesse, eredità della visione educativa fascista e al tempo stesso servizio necessario per le politiche di welfare della neonata Repubblica italiana. Negli anni della ricostruzione, la Gioventù Italiana promosse una serie di interventi di recupero, ricostruzione, affitto e vendita del proprio patrimonio, costruendo un rapporto privilegiato (anche se controverso) con la Pontificia Opera Assistenza. Parallelamente, l’ente commissionò diversi progetti per nuove colonie per l’infanzia, aggiungendo la propria traccia alle cosiddette “città delle colonie” sulle coste del Paese. Il contributo intende approfondire le vicende immobiliari e patrimoniali delle colonie marine per l’infanzia della Gioventù Italiana sulla costa romagnola, per analizzare sia i casi di recupero delle strutture del fascismo sia le nuove costruzioni del dopoguerra. Architetture votate all’assistenza, le colonie per l’infanzia rappresentano una lente privilegiata attraverso cui leggere le politiche di welfare dell’Italia repubblicana e la difficile relazione con l’eredità fascista, con particolare attenzione alle rotture e agli elementi di continuità in ambito architettonico, insediativo e educativo.
Micaela Antonucci, Sofia Nannini (2024). La "città delle colonie" sulla costa romagnola nel secondo dopoguerra: tra eredità fascista e ricostruzione. Torino : AISU International.
La "città delle colonie" sulla costa romagnola nel secondo dopoguerra: tra eredità fascista e ricostruzione
Micaela Antonucci
;Sofia Nannini
2024
Abstract
All’inizio degli anni Ottanta, l’Istituto dei Beni Culturali dell’Emilia-Romagna promosse un censimento delle colonie per l’infanzia sul litorale romagnolo, che mostrava come, a quella data, quasi la metà delle colonie marine della Romagna risultasse in disuso o avesse variato la destinazione d’uso originaria subendo pesanti modifiche. Un aggiornamento dello stesso censimento, prodotto nel 2021 dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, rivela ad oggi un quadro ancora più frammentato, tra demolizioni, abbandoni, e riedificazioni. La storiografia ha sinora dedicato maggiore attenzione alle colonie realizzate durante il periodo fascista, la cui storia tuttavia non si concluse con la caduta nel regime: dopo la soppressione del partito nel 1943, il Governo Badoglio istituì nel 1944 il Commissariato Nazionale della Gioventù Italiana, con il compito di recuperare e gestire l’ingente patrimonio immobiliare della ex-GIL, parte fondamentale del quale erano le grandi colonie per l’infanzia: megastrutture complesse, eredità della visione educativa fascista e al tempo stesso servizio necessario per le politiche di welfare della neonata Repubblica italiana. Negli anni della ricostruzione, la Gioventù Italiana promosse una serie di interventi di recupero, ricostruzione, affitto e vendita del proprio patrimonio, costruendo un rapporto privilegiato (anche se controverso) con la Pontificia Opera Assistenza. Parallelamente, l’ente commissionò diversi progetti per nuove colonie per l’infanzia, aggiungendo la propria traccia alle cosiddette “città delle colonie” sulle coste del Paese. Il contributo intende approfondire le vicende immobiliari e patrimoniali delle colonie marine per l’infanzia della Gioventù Italiana sulla costa romagnola, per analizzare sia i casi di recupero delle strutture del fascismo sia le nuove costruzioni del dopoguerra. Architetture votate all’assistenza, le colonie per l’infanzia rappresentano una lente privilegiata attraverso cui leggere le politiche di welfare dell’Italia repubblicana e la difficile relazione con l’eredità fascista, con particolare attenzione alle rotture e agli elementi di continuità in ambito architettonico, insediativo e educativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.