Il 2010 si aprì con un avvenimento che resterà impresso nella storia dell’upstream mondiale: il grave incidente al pozzo Macondo della piattaforma di perforazione “Deepwater Horizon” nel Golfo del Messico che costrinse l’opinione pubblica mondiale e l’industria petrolifera a riflettere sui limiti dello sviluppo e sulla piena attuazione del principio di precauzione. L’Italia che da oltre 50 anni operava offshore in condizioni eccellenti, producendo gas principalmente da strutture di piccole dimensioni e in acque poco profonde da giacimenti a bassa pressione, bassa temperatura e limitata profondità, condizioni molto diverse da quelle del Golfo del Messico o dello stesso Mare del Nord Europa, divenne un Paese molto attento e preoccupato per i rischi connessi all’esercizio dei propri impianti. Tra i primi i interventi normativi - messi in atto quando l’incidente al pozzo Macondo non era ancora stato risolto – vi è da ricordare il Decreto Legislativo n.128 del 28 giugno 2010, il cosiddetto “Decreto Prestigiacomo”, dell’allora Ministro dell’Ambiente che introdusse nel “Codice dell’Ambiente” (art. 6, comma 17) regole più restrittive le regole in materia di protezione ambientale. Venne infatti un’area di divieto delle attività minerarie, rappresentata dalla fascia delle 12 miglia dalle linee di coste e dalle aree protette, che inizio a porre specifici limiti geograficamente individuabili, rallentando e poi precludendo le nuove attività vicine alle coste. Si aprirono polemiche relative alle aree estrattive che portarono al referendum popolare del dell’aprile del 2016 che, pur non raggiungendo il quorum, si assicurò l’obiettivo di bloccare gli sviluppi del delle attività di ricerca e coltivazione precedentemente varate con il cosiddetto Decreto “Sblocca Italia”. In Europa, a livello normativo, l’incidente occorso al pozzo Macondo diede origine alla Direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi fissandone gli standard minimi di sicurezza al fine di ridurre le probabilità di accadimento di incidenti gravi, limitandone le conseguenze e così aumentando la protezione dell’ambiente marino. La Direttiva comunitaria è stata successivamente recepita in Italia con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n.145. Organo di riferimento del Decreto Legislativo n.145 è il Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare, che svolge funzioni di Autorità Competente [AC] con poteri di regolamentazione, vigilanza e controllo al fine di prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitarne le conseguenze in caso di accadimento. Il Comitato opera con indipendenza dalle funzioni di rilascio dei titoli minerari che invece sono affidate ad una specifica e disgiunta autorità preposta al licensing. Nel Rapporto, si sono voluti mettere in evidenza alcuni aspetti che si prefiggono da un lato di sintetizzare quanto sinora svolto dal Comitato e dall’altro quali possono essere le sue sfide future. Per quanto riguarda il primo aspetto si evidenzia in particolare il lavoro svolto relativamente: (1) all’elaborazione linee guida ed esame delle RGR; (2) alle linee guida per la attività ispettive; (3) all’avvio e all’aggiornamento dei Documenti di consultazione Tripartita; (4) alla fattiva collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, con particolare attenzione alle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Per quanto riguarda invece l’aspetto relativo alle sfide future del Comitato si evidenziano: (1) le eventuali ricadute che potranno derivare sia dalle modifiche, aggiornamenti ed implementazioni della Direttiva europea, sia dalla implementazione del PiTESAI; (2) la necessità di disporre e consolidare adeguate risorse umane e finanziarie; (3) la autorizzazione di potere accedere alle disponibilità finanziarie in capo al Comitato da destinarsi sia alle attività ispettive delle infrastrutture offshore, sia alle attività di formazione e di aggiornamento del personale destinato a dette ispezioni.
P. MACINI, E.M. (2022). La sicurezza delle operazioni a mare nella ricerca e produzione di idrocarburi: il ruolo del Comitato offshore. Roma : Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma.
La sicurezza delle operazioni a mare nella ricerca e produzione di idrocarburi: il ruolo del Comitato offshore
P. MACINI;E. MESINI
2022
Abstract
Il 2010 si aprì con un avvenimento che resterà impresso nella storia dell’upstream mondiale: il grave incidente al pozzo Macondo della piattaforma di perforazione “Deepwater Horizon” nel Golfo del Messico che costrinse l’opinione pubblica mondiale e l’industria petrolifera a riflettere sui limiti dello sviluppo e sulla piena attuazione del principio di precauzione. L’Italia che da oltre 50 anni operava offshore in condizioni eccellenti, producendo gas principalmente da strutture di piccole dimensioni e in acque poco profonde da giacimenti a bassa pressione, bassa temperatura e limitata profondità, condizioni molto diverse da quelle del Golfo del Messico o dello stesso Mare del Nord Europa, divenne un Paese molto attento e preoccupato per i rischi connessi all’esercizio dei propri impianti. Tra i primi i interventi normativi - messi in atto quando l’incidente al pozzo Macondo non era ancora stato risolto – vi è da ricordare il Decreto Legislativo n.128 del 28 giugno 2010, il cosiddetto “Decreto Prestigiacomo”, dell’allora Ministro dell’Ambiente che introdusse nel “Codice dell’Ambiente” (art. 6, comma 17) regole più restrittive le regole in materia di protezione ambientale. Venne infatti un’area di divieto delle attività minerarie, rappresentata dalla fascia delle 12 miglia dalle linee di coste e dalle aree protette, che inizio a porre specifici limiti geograficamente individuabili, rallentando e poi precludendo le nuove attività vicine alle coste. Si aprirono polemiche relative alle aree estrattive che portarono al referendum popolare del dell’aprile del 2016 che, pur non raggiungendo il quorum, si assicurò l’obiettivo di bloccare gli sviluppi del delle attività di ricerca e coltivazione precedentemente varate con il cosiddetto Decreto “Sblocca Italia”. In Europa, a livello normativo, l’incidente occorso al pozzo Macondo diede origine alla Direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi fissandone gli standard minimi di sicurezza al fine di ridurre le probabilità di accadimento di incidenti gravi, limitandone le conseguenze e così aumentando la protezione dell’ambiente marino. La Direttiva comunitaria è stata successivamente recepita in Italia con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n.145. Organo di riferimento del Decreto Legislativo n.145 è il Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare, che svolge funzioni di Autorità Competente [AC] con poteri di regolamentazione, vigilanza e controllo al fine di prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitarne le conseguenze in caso di accadimento. Il Comitato opera con indipendenza dalle funzioni di rilascio dei titoli minerari che invece sono affidate ad una specifica e disgiunta autorità preposta al licensing. Nel Rapporto, si sono voluti mettere in evidenza alcuni aspetti che si prefiggono da un lato di sintetizzare quanto sinora svolto dal Comitato e dall’altro quali possono essere le sue sfide future. Per quanto riguarda il primo aspetto si evidenzia in particolare il lavoro svolto relativamente: (1) all’elaborazione linee guida ed esame delle RGR; (2) alle linee guida per la attività ispettive; (3) all’avvio e all’aggiornamento dei Documenti di consultazione Tripartita; (4) alla fattiva collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, con particolare attenzione alle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Per quanto riguarda invece l’aspetto relativo alle sfide future del Comitato si evidenziano: (1) le eventuali ricadute che potranno derivare sia dalle modifiche, aggiornamenti ed implementazioni della Direttiva europea, sia dalla implementazione del PiTESAI; (2) la necessità di disporre e consolidare adeguate risorse umane e finanziarie; (3) la autorizzazione di potere accedere alle disponibilità finanziarie in capo al Comitato da destinarsi sia alle attività ispettive delle infrastrutture offshore, sia alle attività di formazione e di aggiornamento del personale destinato a dette ispezioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.