Paolo è un giudeo, non un cristiano. La triplice opposizione paolina, «in Cristo non c’è più né giudeo né greco, né uomo né donna, né schiavo né libero» (Gal 3,28) non indica la nascita di un tertium genus religioso e sociale, un terzo gruppo religioso quello dei cristiani accanto agli ebrei e i gentili. Paolo parla di tre opposizioni che «in Cristo» non esistono più: Giudei-Greci; uomo-donna, schiavo-libero. Se Paolo pensasse a un terzo gruppo di persone sociologicamente individuabili che non sono più né greche né giudee, ma si caratterizzano sociologicamente con una identità propria, cioè i cristiani, ciò dovrebbe verificarsi anche nel caso delle altre due opposizioni. «In Cristo non c’è più né maschio né femmina» vorrebbe dire allora che esiste ora un terzo genere, sessualmente differente dagli altri due. Che «in Cristo» non ci siano più né schiavi né liberi significherebbe che ora esiste socialmente un terzo strato sociale composto da persone che non sono né schiave né libere. Che ciò sia assurdo in ambedue i casi è chiaro; e questa assurdità dimostra che anche nel primo caso Paolo non pensa ad un gruppo sociale culturalmente e religiosamente differenziato da Giudei e Greci che noi oggi, con un termine che per Paolo neppure esisteva, chiamiamo cristiani. L’essere in Cristo non è una terza categoria da opporre alle altre due, da mettere in concorrenza politica, culturale, sociale, economica a Giudei e Greci, magari per sostituirle e marginalizzarle, come tenteranno di fare molto dopo le chiese a lungo. L’essere in Cristo è, invece, la sospensione escatologica, è l’anticipazione della fine della contrapposizione fra le due categorie di esseri umani. Non è la creazione di una terza categoria. Per Paolo, da un punto di vista - diremmo noi oggi – culturale o etnico, non si può che essere o Giudei o Greci. Non c’è alternativa storica o culturale a queste due entità. Ciò ha una conseguenza per l’interpretazione del pensiero politico di Paolo: egli non vuole creare una realtà comunitaria che s’imponga nella lotta politica delle città e dell’impero romano per acquisire la possibilità di trasformare la società, le sue leggi e le sue istituzioni in base alle proprie convinzioni religiose.

La conversione di Paolo: il mutamento della recente interpretazione

PESCE, MAURO
2010

Abstract

Paolo è un giudeo, non un cristiano. La triplice opposizione paolina, «in Cristo non c’è più né giudeo né greco, né uomo né donna, né schiavo né libero» (Gal 3,28) non indica la nascita di un tertium genus religioso e sociale, un terzo gruppo religioso quello dei cristiani accanto agli ebrei e i gentili. Paolo parla di tre opposizioni che «in Cristo» non esistono più: Giudei-Greci; uomo-donna, schiavo-libero. Se Paolo pensasse a un terzo gruppo di persone sociologicamente individuabili che non sono più né greche né giudee, ma si caratterizzano sociologicamente con una identità propria, cioè i cristiani, ciò dovrebbe verificarsi anche nel caso delle altre due opposizioni. «In Cristo non c’è più né maschio né femmina» vorrebbe dire allora che esiste ora un terzo genere, sessualmente differente dagli altri due. Che «in Cristo» non ci siano più né schiavi né liberi significherebbe che ora esiste socialmente un terzo strato sociale composto da persone che non sono né schiave né libere. Che ciò sia assurdo in ambedue i casi è chiaro; e questa assurdità dimostra che anche nel primo caso Paolo non pensa ad un gruppo sociale culturalmente e religiosamente differenziato da Giudei e Greci che noi oggi, con un termine che per Paolo neppure esisteva, chiamiamo cristiani. L’essere in Cristo non è una terza categoria da opporre alle altre due, da mettere in concorrenza politica, culturale, sociale, economica a Giudei e Greci, magari per sostituirle e marginalizzarle, come tenteranno di fare molto dopo le chiese a lungo. L’essere in Cristo è, invece, la sospensione escatologica, è l’anticipazione della fine della contrapposizione fra le due categorie di esseri umani. Non è la creazione di una terza categoria. Per Paolo, da un punto di vista - diremmo noi oggi – culturale o etnico, non si può che essere o Giudei o Greci. Non c’è alternativa storica o culturale a queste due entità. Ciò ha una conseguenza per l’interpretazione del pensiero politico di Paolo: egli non vuole creare una realtà comunitaria che s’imponga nella lotta politica delle città e dell’impero romano per acquisire la possibilità di trasformare la società, le sue leggi e le sue istituzioni in base alle proprie convinzioni religiose.
2010
Per la Conversione di A.Manzoni (1810-2010). Il tema della conversione fra l’Antico e il Moderno. Atti
43
56
M.Pesce
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