Una nota canzone di Louis Armstrong, "What a Wonderful world", richiama il mondo educativo nell'ultima strofa: "I hear babies cry, I watch them grow. They'll learn much more than I'll ever know. And I think to myself what a wonderful world". Non so se oggi cresciamo bambini che apprendono molto di più di quanto noi conosciamo, certo sanno tantissime cose da molteplici fonti di informazione, ma acquisiscono realmente competenze che li rendano autonomi, culturalmente liberi e responsabili? Osservando i disagi emergenti, già a partire dall'infanzia, verrebbe da riflettere su un sistema educativo che stenta a tarare il suo intervento sulle reali necessità delle giovani generazioni. Non è fantasia l'aumento del bullismo nella scuola o l'emergenza delle baby gang nelle città: il disagio emana segnali a cui il mondo educativo deve dare risposta nella sua missione formativa. Su questa prima riflessione se ne impone immediatamente una seconda, cosa significa, in tale situazione, includere? A chi si rivolge? Oggi significa porre attenzione a una fascia molto più ampia di persone rispetto a coloro che, ,fino ad ora, abbiamo individuato come "disabili". In tale contributo mi riferirò all'ambito dell'educazione attraverso il corpo e il movimento, in tutte le sue espressioni, dall'educazione fisica allo sport. Non si può più credere che tali attività siano intrinsecamente educative per loro essenza (Mihajlovich, 2017). Mai come in questo tempo, includere significa sollecitare la partecipazione sociale attiva (Furrer et al., 2020), cioè impegnare le persone su quanto possono fare subito, in base alle loro attitudini e competenze. Questa è la linea di partenza del processo inclusivo: coinvolgere ogni persona in ciò che sa fare, senza dover apprendere ma per poter apprendere.
andrea ceciliani (2023). Inclusione negli ambiti educativi del corpo e movimento. Lecce : Pensa Multimedia.
Inclusione negli ambiti educativi del corpo e movimento
andrea ceciliani
Writing – Original Draft Preparation
2023
Abstract
Una nota canzone di Louis Armstrong, "What a Wonderful world", richiama il mondo educativo nell'ultima strofa: "I hear babies cry, I watch them grow. They'll learn much more than I'll ever know. And I think to myself what a wonderful world". Non so se oggi cresciamo bambini che apprendono molto di più di quanto noi conosciamo, certo sanno tantissime cose da molteplici fonti di informazione, ma acquisiscono realmente competenze che li rendano autonomi, culturalmente liberi e responsabili? Osservando i disagi emergenti, già a partire dall'infanzia, verrebbe da riflettere su un sistema educativo che stenta a tarare il suo intervento sulle reali necessità delle giovani generazioni. Non è fantasia l'aumento del bullismo nella scuola o l'emergenza delle baby gang nelle città: il disagio emana segnali a cui il mondo educativo deve dare risposta nella sua missione formativa. Su questa prima riflessione se ne impone immediatamente una seconda, cosa significa, in tale situazione, includere? A chi si rivolge? Oggi significa porre attenzione a una fascia molto più ampia di persone rispetto a coloro che, ,fino ad ora, abbiamo individuato come "disabili". In tale contributo mi riferirò all'ambito dell'educazione attraverso il corpo e il movimento, in tutte le sue espressioni, dall'educazione fisica allo sport. Non si può più credere che tali attività siano intrinsecamente educative per loro essenza (Mihajlovich, 2017). Mai come in questo tempo, includere significa sollecitare la partecipazione sociale attiva (Furrer et al., 2020), cioè impegnare le persone su quanto possono fare subito, in base alle loro attitudini e competenze. Questa è la linea di partenza del processo inclusivo: coinvolgere ogni persona in ciò che sa fare, senza dover apprendere ma per poter apprendere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.