“ONE EARTH - Tutto è connesso” Intervista a Francesco De Augustinis

The documentary "ONE EARTH - Everything is Connected" (2021), chronicles the relationship between human and animal through an investigation of the livestock industry. Just one year after the onset of the SARS-CoV-2 pandemic, the documentary reassembles the cause-and-effect relationships between the hyper-intensification of livestock farms, Amazon deforestation and pandemics. Starting from China, where the demand for meat is constantly growing, the interview explains why the objectification and exploitation of animals within the production chain of the livestock industry can be seen as a symptom of a more general inability to develop ecological strategies and alternatives in the face of climate change and the socio-environmental crisis. Intensive multi-story pig and poultry farms reveal the health risks implicit in this type of production, on the one hand, and the mechanisms of invisibilization of violence, on the other. In this regard, language reveals naturalizing strategies of animal exploitation, especially when it involves animals that humans perceive as distant from themselves. If "everything is connected," it is no longer possible to address the many aspects of the current crisis in isolation: the case of the H5N1 bird flu epidemic that has been raging across Europe for more than two years and the management of intensive fish farms in the face of overexploitation of the Mediterranean Sea demonstrate this in the interview. Based on scientific data and reports and thanks to the contribution of experts and researchers in various fields, the documentary reconstructs the complex web of links that explain the impact of the food system on climate change with a close look at the ethical issue the interview focuses on.

Il documentario “ONE EARTH - Tutto è connesso” (2021), racconta il rapporto tra umano e animale attraverso un’inchiesta sull’industria zootecnica. Ad un anno appena dall’inizio della pandemia di SARS-CoV-2, il documentario rintraccia i rapporti di causa-effetto tra l’iper-intensificazione degli allevamenti, la deforestazione dell’Amazzonia e le pandemie. Partendo dalla Cina, dove la domanda di carne è in costante crescita, l’intervista spiega perché l’oggettivazione e lo sfruttamento degli animali all’interno della catena produttiva dell’industria zootecnica possano considerarsi sintomatici di una più generale incapacità di elaborare strategie e alternative ecologiche di fronte ai cambiamenti climatici e alla crisi socio-ambientale. Allevamenti intensivi multipiano per suini e volatili svelano, da un lato, i rischi sanitari impliciti in questo tipo di produzione e i meccanismi di invisibilizzazione della violenza, dall’altro. A tal proposito, il linguaggio rivela strategie di naturalizzazione dello sfruttamento degli animali, soprattutto delle specie che l’uomo percepisce distanti da sé. Se «tutto è connesso», non è più possibile affrontare i tanti aspetti della crisi attuale in maniera isolata: lo dimostrano, nel corso dell’intervista, il caso dell’epidemia di aviaria H5N1 che imperversa da oltre due anni in tutta Europa e la gestione degli allevamenti intensivi di pesci a fronte dell’ipersfruttamento del mar Mediterraneo. Sulla base di dati e report scientifici e grazie al contributo di esperti e ricercatori in vari campi, il documentario ricompone la complessa trama di legami che spiegano l’impatto del sistema alimentare sui cambiamenti climatici, con uno sguardo attento alla questione etica su cui l’intervista si concentra.