“Il lavoro, pur con il suo rinnovato carico di ambiguità, rimane elemento centrale nella vita delle persone. È una esperienza, quella del lavoro, a cui veniamo preparati e a cui ci prepariamo, che aneliamo di ottenere” (Lepri, 2009, p. 18). A questa riflessione aggiungiamo che, per cercare e per scegliere il proprio lavoro, o i propri lavori, agiamo percorsi di orientamento che continuano lungo tutto l’arco della vita, pur essendo in alcune fasi vita maggiormente presenti. Inoltre, il contesto lavorativo è uno spazio in cui agire quei ruoli che sempre più nei luoghi lavorativi ci identificano quali persone adulte in un tempo in cui l’ingresso nella vita adulta non è più così nettamente dettato da riti di passaggio prefissati come avveniva fino al più recente passato (Demetrio, 2003). Tutti e tutte siamo abilitati ad assumere ruoli adulti, o la ricerca intercetta ancor oggi delle categorie che la società sembra riesca meno a legittimare come possibili detentrici di adultità? I dati (ISTAT, IX Relazione al parlamento) confermano che sono ancora molte le categorie che vengono inserite in quelle che la letteratura giuridica europea definisce dei “lavoratori svantaggiati” (Regolamento UE n. 651/2014 prorogato al 31/12/2023) per i quali il luogo di lavoro, se intercettato, non è un luogo di benessere e può divenire un falso spazio di sviluppo delle proprie competenze in funzione della crescita personale e sociale. In tale contesto il ruolo della formazione, quando progettata e proposta con modalità generative ormai conosciute (Bruscaglioni, 2010), può essere centrale; in una reale azione educativa, essa può presentarsi quale disciplina in grado di spingere e condurre i partecipanti verso riflessioni e verso azioni che vadano al di là dell’ordinario. Pertanto, sarebbe interessante proporre – accanto e in combinazione a interventi formativi attuati con metodi tradizionali (Bolter J.D, Grusin R., 2003) – dei metodi attivi anche a quei professionisti chiamati a sostenere i processi di orientamento e di mantenimento del posto di lavoro nel contesto sociale attuale, caratterizzato da cambiamenti continui e sollecitanti. Tali metodi attivi, fondati su presupposti scientifici ma non ancora del tutto consueti (ad esempio, quelli proposti dai Game Studies), potrebbero attivare nei professionisti – siano essi appartenenti all’ambito scolastico o HR – delle riflessioni sulle competenze trasversali, poggiando le loro radici nei “quattro pilastri dell’apprendimento” (Dehaene, 2019).

Qualità di vita nell’ambito organizzativo : processo e prodotto di una gestione inclusiva

Friso Valeria
2023

Abstract

“Il lavoro, pur con il suo rinnovato carico di ambiguità, rimane elemento centrale nella vita delle persone. È una esperienza, quella del lavoro, a cui veniamo preparati e a cui ci prepariamo, che aneliamo di ottenere” (Lepri, 2009, p. 18). A questa riflessione aggiungiamo che, per cercare e per scegliere il proprio lavoro, o i propri lavori, agiamo percorsi di orientamento che continuano lungo tutto l’arco della vita, pur essendo in alcune fasi vita maggiormente presenti. Inoltre, il contesto lavorativo è uno spazio in cui agire quei ruoli che sempre più nei luoghi lavorativi ci identificano quali persone adulte in un tempo in cui l’ingresso nella vita adulta non è più così nettamente dettato da riti di passaggio prefissati come avveniva fino al più recente passato (Demetrio, 2003). Tutti e tutte siamo abilitati ad assumere ruoli adulti, o la ricerca intercetta ancor oggi delle categorie che la società sembra riesca meno a legittimare come possibili detentrici di adultità? I dati (ISTAT, IX Relazione al parlamento) confermano che sono ancora molte le categorie che vengono inserite in quelle che la letteratura giuridica europea definisce dei “lavoratori svantaggiati” (Regolamento UE n. 651/2014 prorogato al 31/12/2023) per i quali il luogo di lavoro, se intercettato, non è un luogo di benessere e può divenire un falso spazio di sviluppo delle proprie competenze in funzione della crescita personale e sociale. In tale contesto il ruolo della formazione, quando progettata e proposta con modalità generative ormai conosciute (Bruscaglioni, 2010), può essere centrale; in una reale azione educativa, essa può presentarsi quale disciplina in grado di spingere e condurre i partecipanti verso riflessioni e verso azioni che vadano al di là dell’ordinario. Pertanto, sarebbe interessante proporre – accanto e in combinazione a interventi formativi attuati con metodi tradizionali (Bolter J.D, Grusin R., 2003) – dei metodi attivi anche a quei professionisti chiamati a sostenere i processi di orientamento e di mantenimento del posto di lavoro nel contesto sociale attuale, caratterizzato da cambiamenti continui e sollecitanti. Tali metodi attivi, fondati su presupposti scientifici ma non ancora del tutto consueti (ad esempio, quelli proposti dai Game Studies), potrebbero attivare nei professionisti – siano essi appartenenti all’ambito scolastico o HR – delle riflessioni sulle competenze trasversali, poggiando le loro radici nei “quattro pilastri dell’apprendimento” (Dehaene, 2019).
2023
Sistemi educativi, Orientamento, Lavoro
1180
1183
Friso Valeria
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Friso2023-11-21-Siped-Convegno-Nazionale-Bologna-Atti-Plenaria-e-Parallele-Definitivo.pdf

accesso aperto

Tipo: Versione (PDF) editoriale
Licenza: Licenza per Accesso Aperto. Creative Commons Attribuzione (CCBY)
Dimensione 1.63 MB
Formato Adobe PDF
1.63 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/950785
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact