Contemporaneo ancestrale

The issue is dedicated to reflecting on what connects the contemporary design scene to the primordial dimension of matter and imaginary evoked by the term 'ancestral'. In the process of reform of places emerges a trend, not necessarily coordinated, by which design and context, nature and artifice merge into a single structure and seek a single meaning. Wild and dramatic topographic remodelings propose operational topologies for the encounter between the anthropic and the uncharted, between the project’s creative imagination and the context’s reality, through fundamental gestures, essential arrangements, primary elements, and materials. Habitable districts set out in inhospitable or remote regions, on rocky cliffs, in quarries, forests, savannahs, and deserts, architectural assemblages of essential elements and simple geometries, with tactile character and austere appearance, trigger processes of resignification. The texts of the volume explore interventions in the quarries of Zejiang, ‘untimely’ humanisms on the peaks of Tibet, transitory permeations in a garden in Tokyo, sands turned into stone and greenery theaters in Bastia, fusions of stereotomy and tectonics in Oslo, architecture/context symbioses in Ribe, nature-city in the Swiss suburbia, underground architecture in the Cyclades. The reflections unfold over a ‘West-Estern divan’ which debates the modern-ancestral between the sublime and the melancholic, the ancestral-contemporary in the Shan Shui Hwa, the mythopoiesis of the Ukiyo-e, the metasemics of the mountain, the topological reinventions of the ancient, and the past-and-future-full volutes oscillating on Kairós’ forehead. The perimeter of the 'ancestral contemporary' circumscribes classes of interventions that tend to the creative reinvention of the context by merging technical and cultural operations within a portion of landscape, to reach a structural and semantic organization of a higher order, made of nature and artifice.

Il numero è dedicato a riflettere su ciò che collega la scena del progetto contemporaneo alla dimensione primordiale della materia e dell’immaginario evocati dal termine 'ancestrale'. Nel processo di riforma dei luoghi emerge una tendenza, non necessariamente coordinata, per cui progetto e contesto, natura e artificio si fondono in un’unica struttura e ricercano un unico senso. Rimodellazioni topografiche selvagge e drammatiche propongono topologie operative per l’incontro tra antropizzato e inesplorato, tra l’immaginazione creativa del progetto e la realtà del contesto, attraverso gesti fondamentali, ordinamenti essenziali, elementi e materiali primari. Distretti abitabili stagliati in regioni inospitali o remote, su scogliere rocciose, in cave, foreste, savane e deserti, assemblaggi architettonici di elementi basici e geometrie semplici, dal carattere tattile e dall’aspetto austero, innescano processi di risignificazione. I testi del volume esplorano interventi nelle cave dello Zhejiang, umanesimi 'intempestivi' sulle vette del Tibet, permeazioni transitorie in un giardino di Tokyo, sabbie che si fanno pietra e teatri verdi a Bastia, fusioni di stereotomia e tettonica a Oslo, simbiosi architettura/contesto a Ribe, città-natura nei suburbia svizzeri, architetture sotterranee nelle Cicladi. Le riflessioni si distendono su un 'divano occidentale-orientale' che dibatte di moderno-ancestrale tra sublime e malinconia, ancestrale-contemporaneo nello Shan Shui Hwa, mitopoiesi dell’Ukiyo-e, metasemie della montagna, reinvenzioni topologiche dell’antico e le volute cariche di passato e futuro che oscillano sulla fronte di Kairós. Il perimetro del contemporaneo ancestrale raggruppa classi di interventi che tendono alla reinvenzione creativa del contesto, fondendo operazioni tecniche e culturali dentro una porzione di paesaggio per raggiungere un’organizzazione strutturale e semantica di ordine superiore, fatta di natura e artificio.