La pandemia da Covid-19 ha dissestato la già fragile quotidianità dei malati di fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Malattia “rara” che inficia la funzionalità del tessuto polmonare con esito fatale (Raghu et al., 2013) di circa 3 milioni di persone nel mondo, 200mila in Europa e 19mila in Italia (EU-IPFF, 2021). Nel periodo emergenziale, da ciò che emerge da interviste esplorative e una survey online - avere una diagnosi di IPF ha significato non solo collocarsi tra i soggetti a maggiore rischio ma anche dover fare a meno degli pneumologi, i clinici di riferimento impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Questi pazienti, che già sperimentano ostacoli significativi, si sono trovati a resistere - sia nelle fasi di emergenza acuta che in quelle più moderate, - alla rapida riconversione dell’attività assistenziale e ospedaliera, alla sospensione di procedure e visite non urgenti ma anche ad una stasi della ricerca e dei trial clinici. Le misure di sanità pubblica, completamente orientate al non diffondersi del virus, hanno determinato un’esperienza negativa per quei casi, come questo, non eclatanti ma altamente critici (Osborn, 2003). Purtroppo, però, questa malattia, cronico-degenerativa e irreversibile, è talmente complessa da non potersi permettere il lusso di essere messa in pausa. Mentre le misure di confinamento domiciliare, le restrizioni e il disorientamento del sistema socio-sanitario creavano una lenta e inesorabile esacerbazione nelle condizioni di salute dei pazienti, l’auto-mutuo-gestione mediante home family care e communities care (Cardano et al., 2020) ha solidamente sostenuto la malattia. Il contributo, vuole quindi indagare, a partire dalle vulnerabilità dei malati di IPF durante il Covid-19 come la lay expertise (Mol, 2008) abbia influito sulle nuove traiettorie di malattia e di vita quotidiana (Glaser, Strauss, 1968) superando l’autoreferenzialità della burocrazia istituzionale sanitaria (Giarelli et. al., 2020), ordinando il disordine info-mediatico ma soprattutto gestendo la doppia rottura sia biografica che sociografica nell’illness dei pazienti.

Fragili e sospesi dalla pandemia: strategie e pratiche di automutuo-aiuto nella fibrosi polmonare idiopatica

Annalisa, Plava
2022

Abstract

La pandemia da Covid-19 ha dissestato la già fragile quotidianità dei malati di fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Malattia “rara” che inficia la funzionalità del tessuto polmonare con esito fatale (Raghu et al., 2013) di circa 3 milioni di persone nel mondo, 200mila in Europa e 19mila in Italia (EU-IPFF, 2021). Nel periodo emergenziale, da ciò che emerge da interviste esplorative e una survey online - avere una diagnosi di IPF ha significato non solo collocarsi tra i soggetti a maggiore rischio ma anche dover fare a meno degli pneumologi, i clinici di riferimento impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Questi pazienti, che già sperimentano ostacoli significativi, si sono trovati a resistere - sia nelle fasi di emergenza acuta che in quelle più moderate, - alla rapida riconversione dell’attività assistenziale e ospedaliera, alla sospensione di procedure e visite non urgenti ma anche ad una stasi della ricerca e dei trial clinici. Le misure di sanità pubblica, completamente orientate al non diffondersi del virus, hanno determinato un’esperienza negativa per quei casi, come questo, non eclatanti ma altamente critici (Osborn, 2003). Purtroppo, però, questa malattia, cronico-degenerativa e irreversibile, è talmente complessa da non potersi permettere il lusso di essere messa in pausa. Mentre le misure di confinamento domiciliare, le restrizioni e il disorientamento del sistema socio-sanitario creavano una lenta e inesorabile esacerbazione nelle condizioni di salute dei pazienti, l’auto-mutuo-gestione mediante home family care e communities care (Cardano et al., 2020) ha solidamente sostenuto la malattia. Il contributo, vuole quindi indagare, a partire dalle vulnerabilità dei malati di IPF durante il Covid-19 come la lay expertise (Mol, 2008) abbia influito sulle nuove traiettorie di malattia e di vita quotidiana (Glaser, Strauss, 1968) superando l’autoreferenzialità della burocrazia istituzionale sanitaria (Giarelli et. al., 2020), ordinando il disordine info-mediatico ma soprattutto gestendo la doppia rottura sia biografica che sociografica nell’illness dei pazienti.
2022
Le sfide della sociologia della salute - VIII Convegno
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130
Annalisa, Plava
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