La possibilità di utilizzare in campo il digestato (tal quale o, meglio, nelle sue frazioni separate) dipende dal suo inquadramento normativo: nella classificazione di questo prodotto si incontrano diversi provvedimenti, nessuno dei quali però in grado di trattare l’argomento in maniera compiuta e dedicata. In attesa di un atto normativo unico che riesca a fare chiarezza ed a trattare in maniera esaustiva le diverse casistiche verificabili, vi sono alcune condizioni da considerarsi assodate per poter utilizzare in campo il digestato senza sconfinare nell’ambito “rifiuti” e quindi senza dover classificare il suo uso agronomico come operazione di recupero rifiuti, soggetta a specifica autorizzazione. Quando le matrici organiche in ingresso al digestore sono reflui zootecnici, da soli o in miscela con altre biomasse-non rifiuto, il digestato può essere assimilato agli effluenti animali ed il suo spandimento in campo è assoggettato alle stesse prescrizioni valide per i reflui zootecnici circa tempi di stoccaggio, criteri di spandimento, modalità di trasporto, adempimenti documentali e, soprattutto, dosaggi di nutrienti in zona ordinaria (ZO) e vulnerabile ai nitrati (ZVN). Se invece il digestato è prodotto a partire da una dieta che non contempla gli effluenti animali, si apre lo scenario più controverso quanto ad orientamenti Regionali nella normazione dell’uso agronomico di tale prodotto e nel sostegno alla nascita di impianti di digestione anaerobica a dieta esclusivamente vegetale. A tale fine, si passa in rassegna l’orientamento delle principali Regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), che stanno operando prevalentemente a sostegno (Emilia-Romagna, Lombardia) o a sfavore (Piemonte e Veneto) del biogas “verde” e quindi dei relativi impianti e sottoprodotti. Si sono in tal modo disegnati scenari anche molto diversi tra loro, in taluni casi non esaustivi, a volte in palese contrasto con gli indirizzi nazionali e comunitari in materia di rifiuti, soprattutto laddove, classificando come rifiuto il digestato derivante, limitano l’ammissibilità in ingresso al bio-digestore di talune tipologie di prodotti e sottoprodotti naturali non pericolosi. Si viene così a creare una disparità di trattamento dello stesso prodotto tra Regioni confinanti, che determina condizioni di maggiore o minore favore per lo sviluppo delle attività agro-energetiche.
Utilizzo agronomico del digestato: normative regionali a confronto / Capponi S.; Barbanti L.. - In: TERRA E VITA. - ISSN 0040-3776. - STAMPA. - 25:(2010), pp. 26-29.
Utilizzo agronomico del digestato: normative regionali a confronto
CAPPONI, SIMONE;BARBANTI, LORENZO
2010
Abstract
La possibilità di utilizzare in campo il digestato (tal quale o, meglio, nelle sue frazioni separate) dipende dal suo inquadramento normativo: nella classificazione di questo prodotto si incontrano diversi provvedimenti, nessuno dei quali però in grado di trattare l’argomento in maniera compiuta e dedicata. In attesa di un atto normativo unico che riesca a fare chiarezza ed a trattare in maniera esaustiva le diverse casistiche verificabili, vi sono alcune condizioni da considerarsi assodate per poter utilizzare in campo il digestato senza sconfinare nell’ambito “rifiuti” e quindi senza dover classificare il suo uso agronomico come operazione di recupero rifiuti, soggetta a specifica autorizzazione. Quando le matrici organiche in ingresso al digestore sono reflui zootecnici, da soli o in miscela con altre biomasse-non rifiuto, il digestato può essere assimilato agli effluenti animali ed il suo spandimento in campo è assoggettato alle stesse prescrizioni valide per i reflui zootecnici circa tempi di stoccaggio, criteri di spandimento, modalità di trasporto, adempimenti documentali e, soprattutto, dosaggi di nutrienti in zona ordinaria (ZO) e vulnerabile ai nitrati (ZVN). Se invece il digestato è prodotto a partire da una dieta che non contempla gli effluenti animali, si apre lo scenario più controverso quanto ad orientamenti Regionali nella normazione dell’uso agronomico di tale prodotto e nel sostegno alla nascita di impianti di digestione anaerobica a dieta esclusivamente vegetale. A tale fine, si passa in rassegna l’orientamento delle principali Regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), che stanno operando prevalentemente a sostegno (Emilia-Romagna, Lombardia) o a sfavore (Piemonte e Veneto) del biogas “verde” e quindi dei relativi impianti e sottoprodotti. Si sono in tal modo disegnati scenari anche molto diversi tra loro, in taluni casi non esaustivi, a volte in palese contrasto con gli indirizzi nazionali e comunitari in materia di rifiuti, soprattutto laddove, classificando come rifiuto il digestato derivante, limitano l’ammissibilità in ingresso al bio-digestore di talune tipologie di prodotti e sottoprodotti naturali non pericolosi. Si viene così a creare una disparità di trattamento dello stesso prodotto tra Regioni confinanti, che determina condizioni di maggiore o minore favore per lo sviluppo delle attività agro-energetiche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.