La digestione anaerobica è il processo che più si presta a valorizzare una serie di biomasse residue, cui si possono aggiungere le colture dedicate. Oltre al biogas, la biodigestione produce un residuo, il digestato, che richiede un’opportuna collocazione a valle, onde permettere la chiusura del ciclo produttivo. Il digestato è un prodotto di composizione e consistenza variabili, in funzione delle biomasse in entrata e delle modalità di conduzione del processo di bio-digestione. L’azoto totale rimane sostanzialmente invariato rispetto al quantitativo in entrata, ma l’azoto organico, la principale frazione in entrata, mineralizza in larga parte, trasformandosi in ammoniacale. Ne deriva un netto abbassamento del rapporto C/N rispetto alle matrici di origine e un significativo aumento del pH. È possibile applicare al digestato il processo di separazione solido/liquido, generando un solido palabile (25-30% di sostanza secca) e un liquido con basso residuo secco (2-8% di sostanza secca), con caratteristiche e finalità d’uso opposte: concime, la frazione liquida; ammendante, quella solida. Le proprietà ammendanti della frazione solida possono ulteriormente migliorare attraverso il compostaggio. Il digestato tal quale è considerato un refluo assimilabile ai fanghi o ai liquami; non rientra in nessuna categoria di fertilizzanti ai sensi di legge (D. Lgs. 75/2010), il che non ne vincola la collocazione, ma solo la possibilità di commercializzazione come fertilizzante. Rimane aperta la questione del suo inquadramento normativo, in relazione al margine di incertezza sull’effettiva possibilità di utilizzo agronomico, in funzione della biomassa avviata a biodigestione (rifiuti, effluenti di allevamento; biomasse residue vegetali e colture dedicate). Si evince che un utilizzo agronomico del prodotto tal quale o delle sue frazioni separate sarà sempre più vincolato a requisiti di qualità, standardizzazione e sicurezza ambientale. L’esigenza di valorizzare il digestato in utilizzazioni agronomiche, nella maggior parte dei casi senza poter operare azioni di miglioramento come il compostaggio, solleva il quesito circa le potenzialità del prodotto. Esperienze sperimentali effettuate in Italia e all’estero, i cui risultati vengono riassunti in questo articolo, offrono elementi per rispondere, in attesa di ulteriori contributi, all’interrogativo. In conclusione, il digestato, la cui disponibilità è in costante aumento in seguito all’aumento della diffusione degli impianti di biogas, ha dimostrato di possedere un potere nutrizionale non inferiore alle matrici di origine. Il prodotto si presta, inoltre, ad azioni migliorative, come la separazione solido/liquido e l’eventuale compostaggio della prima frazione.

Barbanti L., Capponi S., Vecchi S. (2010). Digestato in campo: vantaggi agronomici e ambientali. L'INFORMATORE AGRARIO, 13, 43-47.

Digestato in campo: vantaggi agronomici e ambientali

BARBANTI, LORENZO;CAPPONI, SIMONE;VECCHI, STEFANO
2010

Abstract

La digestione anaerobica è il processo che più si presta a valorizzare una serie di biomasse residue, cui si possono aggiungere le colture dedicate. Oltre al biogas, la biodigestione produce un residuo, il digestato, che richiede un’opportuna collocazione a valle, onde permettere la chiusura del ciclo produttivo. Il digestato è un prodotto di composizione e consistenza variabili, in funzione delle biomasse in entrata e delle modalità di conduzione del processo di bio-digestione. L’azoto totale rimane sostanzialmente invariato rispetto al quantitativo in entrata, ma l’azoto organico, la principale frazione in entrata, mineralizza in larga parte, trasformandosi in ammoniacale. Ne deriva un netto abbassamento del rapporto C/N rispetto alle matrici di origine e un significativo aumento del pH. È possibile applicare al digestato il processo di separazione solido/liquido, generando un solido palabile (25-30% di sostanza secca) e un liquido con basso residuo secco (2-8% di sostanza secca), con caratteristiche e finalità d’uso opposte: concime, la frazione liquida; ammendante, quella solida. Le proprietà ammendanti della frazione solida possono ulteriormente migliorare attraverso il compostaggio. Il digestato tal quale è considerato un refluo assimilabile ai fanghi o ai liquami; non rientra in nessuna categoria di fertilizzanti ai sensi di legge (D. Lgs. 75/2010), il che non ne vincola la collocazione, ma solo la possibilità di commercializzazione come fertilizzante. Rimane aperta la questione del suo inquadramento normativo, in relazione al margine di incertezza sull’effettiva possibilità di utilizzo agronomico, in funzione della biomassa avviata a biodigestione (rifiuti, effluenti di allevamento; biomasse residue vegetali e colture dedicate). Si evince che un utilizzo agronomico del prodotto tal quale o delle sue frazioni separate sarà sempre più vincolato a requisiti di qualità, standardizzazione e sicurezza ambientale. L’esigenza di valorizzare il digestato in utilizzazioni agronomiche, nella maggior parte dei casi senza poter operare azioni di miglioramento come il compostaggio, solleva il quesito circa le potenzialità del prodotto. Esperienze sperimentali effettuate in Italia e all’estero, i cui risultati vengono riassunti in questo articolo, offrono elementi per rispondere, in attesa di ulteriori contributi, all’interrogativo. In conclusione, il digestato, la cui disponibilità è in costante aumento in seguito all’aumento della diffusione degli impianti di biogas, ha dimostrato di possedere un potere nutrizionale non inferiore alle matrici di origine. Il prodotto si presta, inoltre, ad azioni migliorative, come la separazione solido/liquido e l’eventuale compostaggio della prima frazione.
2010
Barbanti L., Capponi S., Vecchi S. (2010). Digestato in campo: vantaggi agronomici e ambientali. L'INFORMATORE AGRARIO, 13, 43-47.
Barbanti L.; Capponi S.; Vecchi S.
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