Le riviste "di cultura" hanno subìto una prima profonda trasformazione nel corso dell'Ottocento, quando il processo di specializzazione ha condotto alla proliferazione di periodici a specifico carattere disciplinare. Nel Novecento si è dato anche un processo inverso, la nascita di riviste interdisciplinari, contrarie all'eccesso di specialismo, volte all'intersezione dei saperi e a ribadire l'esigenza di uno sguardo articolato alle produzioni culturali. Questa esigenza coinvolge il piano della scelta del supporto più adatto a veicolare un progetto culturale e a istituire un rapporto con la sfera pubblica, vitale per una rivista di cultura. In tema di innovazione occorre oggi riflettere sull'opportunità di mantenere il supporto cartaceo o di prediligere una versione on-line, che garantisce rapidità nella trasmissione del sapere e diffusione in molti casi maggiore, o ancora di utilizzare entrambi i supporti in modi potenzialmente innovativi. Il sistema peer review che viene proposto ai periodici di ambito umanistico dai criteri di valutazione che il Ministero sta mettendo a punto, introduce infine nuove prospettive. Una domanda importante è: esistono ancora editori in grado di esprimere una progettualità forte in ambito culturale, insomma editori "di cultura"? Questi interrogativi coinvolgono le difficili scelte e le nuove sfide che le Biblioteche si trovano ad affrontare in anni di profonda trasformazione del loro ruolo pubblico, sociale e culturale. Un libro è dunque un oggetto culturale specifico che veicola, insieme al testo, anche un'idea di editoria e della relazione tra editore e lettori. Considerazione che va ovviamente estesa anche all'oggetto rivista e ci spinge a esaminare rapidamente la situazione dell'editoria nell'Italia contemporanea, nella quale si è realizzato un processo di concentrazione editoriale che ha riguardato, in misura più o meno rilevante, i principali paesi europei e gli Stati Uniti. Per affrontare la scelta tra veste cartacea e trasformazione on-line, oltre alle questioni del costo e della diffusione occorre portare la riflessione sulla trasformazione dei luoghi del dibattito culturale, in particolare per l'ambito letterario, che è quello che meglio conosco, sul progressivo spostarsi della discussione sulla contemporaneità fuori dalle riviste accademiche, soprattutto sui blog, o meglio sui litt-blog. In queste sedi a mutare è la natura stessa della comunicazione, le sue forme, che non sono più quelle codificate delle riviste accademiche, bensì quelle, molto meno formalizzate, di una discussione più o meno aperta e caratterizzata da interventi brevi, scritti spesso "a caldo" dentro un dialogo dai ritmi decisamente più serrati di quelli che può offrire il dibattito sulle riviste tradizionali.

Ha ancora senso parlare di periodici di cultura? / G.Benvenuti. - In: BIBLIOTIME. - ISSN 1128-3564. - ELETTRONICO. - anno XIII, numero 1 (marzo 201:(2010).

Ha ancora senso parlare di periodici di cultura?

BENVENUTI, GIULIANA
2010

Abstract

Le riviste "di cultura" hanno subìto una prima profonda trasformazione nel corso dell'Ottocento, quando il processo di specializzazione ha condotto alla proliferazione di periodici a specifico carattere disciplinare. Nel Novecento si è dato anche un processo inverso, la nascita di riviste interdisciplinari, contrarie all'eccesso di specialismo, volte all'intersezione dei saperi e a ribadire l'esigenza di uno sguardo articolato alle produzioni culturali. Questa esigenza coinvolge il piano della scelta del supporto più adatto a veicolare un progetto culturale e a istituire un rapporto con la sfera pubblica, vitale per una rivista di cultura. In tema di innovazione occorre oggi riflettere sull'opportunità di mantenere il supporto cartaceo o di prediligere una versione on-line, che garantisce rapidità nella trasmissione del sapere e diffusione in molti casi maggiore, o ancora di utilizzare entrambi i supporti in modi potenzialmente innovativi. Il sistema peer review che viene proposto ai periodici di ambito umanistico dai criteri di valutazione che il Ministero sta mettendo a punto, introduce infine nuove prospettive. Una domanda importante è: esistono ancora editori in grado di esprimere una progettualità forte in ambito culturale, insomma editori "di cultura"? Questi interrogativi coinvolgono le difficili scelte e le nuove sfide che le Biblioteche si trovano ad affrontare in anni di profonda trasformazione del loro ruolo pubblico, sociale e culturale. Un libro è dunque un oggetto culturale specifico che veicola, insieme al testo, anche un'idea di editoria e della relazione tra editore e lettori. Considerazione che va ovviamente estesa anche all'oggetto rivista e ci spinge a esaminare rapidamente la situazione dell'editoria nell'Italia contemporanea, nella quale si è realizzato un processo di concentrazione editoriale che ha riguardato, in misura più o meno rilevante, i principali paesi europei e gli Stati Uniti. Per affrontare la scelta tra veste cartacea e trasformazione on-line, oltre alle questioni del costo e della diffusione occorre portare la riflessione sulla trasformazione dei luoghi del dibattito culturale, in particolare per l'ambito letterario, che è quello che meglio conosco, sul progressivo spostarsi della discussione sulla contemporaneità fuori dalle riviste accademiche, soprattutto sui blog, o meglio sui litt-blog. In queste sedi a mutare è la natura stessa della comunicazione, le sue forme, che non sono più quelle codificate delle riviste accademiche, bensì quelle, molto meno formalizzate, di una discussione più o meno aperta e caratterizzata da interventi brevi, scritti spesso "a caldo" dentro un dialogo dai ritmi decisamente più serrati di quelli che può offrire il dibattito sulle riviste tradizionali.
2010
Ha ancora senso parlare di periodici di cultura? / G.Benvenuti. - In: BIBLIOTIME. - ISSN 1128-3564. - ELETTRONICO. - anno XIII, numero 1 (marzo 201:(2010).
G.Benvenuti
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