Il presente articolo si occupa dei tripodi offerti dai Dinomenidi nel santuario di Apollo a Delfi, e della documentazione epigrafica e della tradizione letteraria ad essi relativa. Dato che crediamo che non sia possibile ritrovare nelle fonti elementi a favore di una contemporaneità delle due dediche, ci sembra verosimile datare il tripode di Gelone al 480/478 a.C., e ipotizzare un rifacimento della fondazione del donario, fatto al tempo della dedica di Ierone (469/468 a.C.) e mirato a riunire entrambi i tripodi nell’ambito di un unico monumento votivo. Si ritiene comunemente che Gelone abbia offerto un tripode del peso di sedici talenti attici d’oro; tuttavia, confrontando il passo di Diodoro che riporta questa notizia con le iscrizioni ateniesi relative alla concessione di corone d’oro – in particolare IG I3 102 – si pu‰ concludere che lo storico siciliano fa riferimento al valore, e non al peso, dell’anathema, espresso in argento, secondo una ratio di 1:15. Il tripode di Gelone pesava dunque un talento attico e quattro mine e, con ogni probabilità, quello di Ierone era di poco più pesante (un talento e sette mine). Su questa base, è possibile proporre due nuove integrazioni dell’iscrizione conservata in modo frammentario sulla base di quest’ultimo. L’esistenza di un altro o di altri due tripodi, offerti dai due Dinomenidi insieme ai fratelli Trasiboulos e Polyzelos è stata a lungo dibattuta. L’epigramma dell’Antologia Palatina (VI, 214) attribuito a Simonide, è considerato da molti studiosi un falso dell’età ellenistica o imperiale. In questo lavoro, noi proponiamo una nuova interpretazione del componimento, secondo la quale esso testimonia l’offerta di un tripode aureo del peso di circa 10 kg in un santuario siracusano, molto probabilmente l’Apollonion. Il confronto con le iscrizioni votive dell’età arcaica, in cui l’offerta è definita come ergon, argyriou, choriou dekaten, e con quelle in cui compare il sintagma apo dekates o dekates permette di tradurre l’espressione “tas dekatas dekatan” dell’epigramma con “offerta tratta dalla decima”. Questa espressione trova un significativo riscontro in un proverbio che menziona la “decima dei Siracusani”, indicando in questo modo una ricchezza piuttosto ingente. Proprio questo epigramma potrebbe essere all’origine del detto popolare. Proponiamo, infine, un’interpretazione ‘politica’ della scelta di Ierone di unire la propria dedica a quella del fratello. Ierone si sarebbe presentato ai Greci come unico successore legittimo di Gelone, contrapponendo il proprio tripode all’Auriga offerto dal tiranno di Gela Polyzalos.

I tripodi dei Dinomenidi e la decima dei Siracusani / Privitera Santo. - In: ANNUARIO DELLA SCUOLA ARCHEOLOGICA DI ATENE E DELLE MISSIONI ITALIANE IN ORIENTE. - ISSN 0067-0081. - STAMPA. - 65:(2004), pp. 480-508.

I tripodi dei Dinomenidi e la decima dei Siracusani

Privitera Santo
2004

Abstract

Il presente articolo si occupa dei tripodi offerti dai Dinomenidi nel santuario di Apollo a Delfi, e della documentazione epigrafica e della tradizione letteraria ad essi relativa. Dato che crediamo che non sia possibile ritrovare nelle fonti elementi a favore di una contemporaneità delle due dediche, ci sembra verosimile datare il tripode di Gelone al 480/478 a.C., e ipotizzare un rifacimento della fondazione del donario, fatto al tempo della dedica di Ierone (469/468 a.C.) e mirato a riunire entrambi i tripodi nell’ambito di un unico monumento votivo. Si ritiene comunemente che Gelone abbia offerto un tripode del peso di sedici talenti attici d’oro; tuttavia, confrontando il passo di Diodoro che riporta questa notizia con le iscrizioni ateniesi relative alla concessione di corone d’oro – in particolare IG I3 102 – si pu‰ concludere che lo storico siciliano fa riferimento al valore, e non al peso, dell’anathema, espresso in argento, secondo una ratio di 1:15. Il tripode di Gelone pesava dunque un talento attico e quattro mine e, con ogni probabilità, quello di Ierone era di poco più pesante (un talento e sette mine). Su questa base, è possibile proporre due nuove integrazioni dell’iscrizione conservata in modo frammentario sulla base di quest’ultimo. L’esistenza di un altro o di altri due tripodi, offerti dai due Dinomenidi insieme ai fratelli Trasiboulos e Polyzelos è stata a lungo dibattuta. L’epigramma dell’Antologia Palatina (VI, 214) attribuito a Simonide, è considerato da molti studiosi un falso dell’età ellenistica o imperiale. In questo lavoro, noi proponiamo una nuova interpretazione del componimento, secondo la quale esso testimonia l’offerta di un tripode aureo del peso di circa 10 kg in un santuario siracusano, molto probabilmente l’Apollonion. Il confronto con le iscrizioni votive dell’età arcaica, in cui l’offerta è definita come ergon, argyriou, choriou dekaten, e con quelle in cui compare il sintagma apo dekates o dekates permette di tradurre l’espressione “tas dekatas dekatan” dell’epigramma con “offerta tratta dalla decima”. Questa espressione trova un significativo riscontro in un proverbio che menziona la “decima dei Siracusani”, indicando in questo modo una ricchezza piuttosto ingente. Proprio questo epigramma potrebbe essere all’origine del detto popolare. Proponiamo, infine, un’interpretazione ‘politica’ della scelta di Ierone di unire la propria dedica a quella del fratello. Ierone si sarebbe presentato ai Greci come unico successore legittimo di Gelone, contrapponendo il proprio tripode all’Auriga offerto dal tiranno di Gela Polyzalos.
2004
I tripodi dei Dinomenidi e la decima dei Siracusani / Privitera Santo. - In: ANNUARIO DELLA SCUOLA ARCHEOLOGICA DI ATENE E DELLE MISSIONI ITALIANE IN ORIENTE. - ISSN 0067-0081. - STAMPA. - 65:(2004), pp. 480-508.
Privitera Santo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/916177
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