A partire all’incirca dalla metà dell’Ottocento la questione della cosiddetta «fine dell’arte» (o, come si dice talvolta, «morte dell’arte») ha rappresentato una delle questioni centrali nel campo dell’estetica e della filosofia dell’arte, non di rado con significative implicazioni e diramazioni in altri campi non distanti, come la storia dell’arte contemporanea, la critica d’arte, la sociologia dell’arte, la semiotica dell’arte, ecc. Normalmente, nell’utilizzare queste espressioni in un contesto estetico-filosofico, si fa riferimento a (o, quanto meno, si prendono le mosse da) una celebre formulazione di Georg W.F. Hegel, risalente alle sue lezioni di estetica presso l’Università di Berlino nei primi decenni dell’Ottocento. Nella formulazione di Hegel, però, non si parla precisamente di fine o morte dell’arte, bensì, in maniera più sottile, più sfumata e più coerente con le coordinate del suo sistema filosofico, di «carattere di passato dell’arte». Dall’inizio del Novecento, poi, con l’avvento delle avanguardie artistiche, la tematica della fine o morte dell’arte si è arricchita naturalmente di ulteriori componenti e sfumature. Nel presente contributo prendo dapprima in esame le interpretazioni di Heidegger, Gadamer e Adorno del tema della fine dell'arte, per poi spostarmi su Danto e sul dibattito post-warholiano animato da Baudrillard, Michaud e altri autori, e concludendo infine con un riferimento all'idea di Keifer secondo cui l'arte può ancora resistere e sopravvivere alle proprie "rovine".
Stefano Marino (2022). Fine dell'arte. NUOVA INFORMAZIONE BIBLIOGRAFICA, 19(4), 603-626 [10.1448/106232].
Fine dell'arte
Stefano Marino
2022
Abstract
A partire all’incirca dalla metà dell’Ottocento la questione della cosiddetta «fine dell’arte» (o, come si dice talvolta, «morte dell’arte») ha rappresentato una delle questioni centrali nel campo dell’estetica e della filosofia dell’arte, non di rado con significative implicazioni e diramazioni in altri campi non distanti, come la storia dell’arte contemporanea, la critica d’arte, la sociologia dell’arte, la semiotica dell’arte, ecc. Normalmente, nell’utilizzare queste espressioni in un contesto estetico-filosofico, si fa riferimento a (o, quanto meno, si prendono le mosse da) una celebre formulazione di Georg W.F. Hegel, risalente alle sue lezioni di estetica presso l’Università di Berlino nei primi decenni dell’Ottocento. Nella formulazione di Hegel, però, non si parla precisamente di fine o morte dell’arte, bensì, in maniera più sottile, più sfumata e più coerente con le coordinate del suo sistema filosofico, di «carattere di passato dell’arte». Dall’inizio del Novecento, poi, con l’avvento delle avanguardie artistiche, la tematica della fine o morte dell’arte si è arricchita naturalmente di ulteriori componenti e sfumature. Nel presente contributo prendo dapprima in esame le interpretazioni di Heidegger, Gadamer e Adorno del tema della fine dell'arte, per poi spostarmi su Danto e sul dibattito post-warholiano animato da Baudrillard, Michaud e altri autori, e concludendo infine con un riferimento all'idea di Keifer secondo cui l'arte può ancora resistere e sopravvivere alle proprie "rovine".File | Dimensione | Formato | |
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