L'articolo nasce dalla volontà di indagare le ragioni linguistiche e culturali che portarono, all’inizio del XIX secolo, a far emergere la figura di una docente universitaria, la grecista bolognese Clotilde Tambroni (1758- 1817), e a denominarla "Professora" di lingua e letteratura greca nel frontespizio della sua Orazione inaugurale tenuta nell’Università di Bologna il 2 gennaio 18061. Si tratta di un caso di mozione grammaticale, ovvero di regolare formazione del femminile (o, in alcuni casi, del maschile) di un nome mobile, finalizzata a istituire una corrispondenza tra genere grammaticale e sesso del referente animato (nel nostro caso della persona che esercita la professione). L'articolo, attraverso la ricerca di archivio e la ricostruzione storica e linguistica, tenta di capire se la forma femminile "professora" rappresenti un occasionalismo o piuttosto una forma corrente a quell’altezza temporale nell’ambiente in questione, e se si possa spiegare con una volontà di risemantizzazione del termine (anche per eludere il suffisso ironico -essa) o di «ipercaratterizzazione del femminile», volta a sottolineare la singolarità della presenza femminile in un ruolo di prerogativa maschile.
De Santis Cristiana (2022). LA “PROFESSORA” CLOTILDE TAMBRONI E ALTRE DENOMINAZIONI FEMMINILI NELL’ATENEO BOLOGNESE TRA XVIII E XIX SECOLO. STUDI DI GRAMMATICA ITALIANA, 41, 65-84.
LA “PROFESSORA” CLOTILDE TAMBRONI E ALTRE DENOMINAZIONI FEMMINILI NELL’ATENEO BOLOGNESE TRA XVIII E XIX SECOLO
De Santis Cristiana
2022
Abstract
L'articolo nasce dalla volontà di indagare le ragioni linguistiche e culturali che portarono, all’inizio del XIX secolo, a far emergere la figura di una docente universitaria, la grecista bolognese Clotilde Tambroni (1758- 1817), e a denominarla "Professora" di lingua e letteratura greca nel frontespizio della sua Orazione inaugurale tenuta nell’Università di Bologna il 2 gennaio 18061. Si tratta di un caso di mozione grammaticale, ovvero di regolare formazione del femminile (o, in alcuni casi, del maschile) di un nome mobile, finalizzata a istituire una corrispondenza tra genere grammaticale e sesso del referente animato (nel nostro caso della persona che esercita la professione). L'articolo, attraverso la ricerca di archivio e la ricostruzione storica e linguistica, tenta di capire se la forma femminile "professora" rappresenti un occasionalismo o piuttosto una forma corrente a quell’altezza temporale nell’ambiente in questione, e se si possa spiegare con una volontà di risemantizzazione del termine (anche per eludere il suffisso ironico -essa) o di «ipercaratterizzazione del femminile», volta a sottolineare la singolarità della presenza femminile in un ruolo di prerogativa maschile.File | Dimensione | Formato | |
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