La tipologia di mosaico nota col nome di asarotòs oikòs, letteralmente “pavimento non spazzato” è di grande pregio e di notevole rarità. L’asaratòs oikòs di Aquileia, considerato il più antico finora rinvenuto, è datato infatti al primo secolo a.C. Il suo ritrovamento risale al 1860 ed il frammento di pavimento è custodito presso il Museo Archeologico di Aquileia. 2003 è stato trasportato a Ravenna, dove è stato sottoposto a restauro. In questo lavoro lo studio di questa tipologia di pavimento e il lavoro di restauro eseguito è ampiamente descritto. Nel L’opera rappresenta un pavimento non spazzato con figure su sfondo bianco, realizzata con tessere lapidee mediante impiego della tecnica opus vermiculatum. Il manufatto è stato sottoposto ad analisi in situ ed in laboratorio al fine di valutarne lo stato di conservazione, di caratterizzare i materiali originali e di verificare la presenza di materiali non originali introdotti durante restauri precedenti. Analisi chimico-fisiche effettuate su micro-campioni di malte, tessere e prodotti di degrado, hanno evidenziato varie problematiche conservative quali presenza di materiali estranei agli originali e non idonei alla conservazione, presenza di efflorescenze, subflorescenze, incrostazioni, opacizzazione della superficie e di fessurazioni, fratture e distacchi, con conseguente perdita di materiale. Il mosaico è stato completamente liberato dal supporto in cemento e collocato su pannelli in Aerolam, corredati da strutture di sostegno e di contenimento in acciaio. Le lacune di piccole dimensioni sono state integrate con malta incisa e dipinta ad acquarello; nelle lacune più grandi è stato realizzato un intonaco a base di calce idraulica su cui sono state incise le linee principali del disegno compositivo.

Maselli Scotti F., Perpignani P., Racagni P., Fiori C., Vandini M. (2010). Il restauro dell'Asaratos Oecus di Aquileia. TIVOLI : Scripta Manent.

Il restauro dell'Asaratos Oecus di Aquileia

FIORI, CESARE;VANDINI, MARIANGELA
2010

Abstract

La tipologia di mosaico nota col nome di asarotòs oikòs, letteralmente “pavimento non spazzato” è di grande pregio e di notevole rarità. L’asaratòs oikòs di Aquileia, considerato il più antico finora rinvenuto, è datato infatti al primo secolo a.C. Il suo ritrovamento risale al 1860 ed il frammento di pavimento è custodito presso il Museo Archeologico di Aquileia. 2003 è stato trasportato a Ravenna, dove è stato sottoposto a restauro. In questo lavoro lo studio di questa tipologia di pavimento e il lavoro di restauro eseguito è ampiamente descritto. Nel L’opera rappresenta un pavimento non spazzato con figure su sfondo bianco, realizzata con tessere lapidee mediante impiego della tecnica opus vermiculatum. Il manufatto è stato sottoposto ad analisi in situ ed in laboratorio al fine di valutarne lo stato di conservazione, di caratterizzare i materiali originali e di verificare la presenza di materiali non originali introdotti durante restauri precedenti. Analisi chimico-fisiche effettuate su micro-campioni di malte, tessere e prodotti di degrado, hanno evidenziato varie problematiche conservative quali presenza di materiali estranei agli originali e non idonei alla conservazione, presenza di efflorescenze, subflorescenze, incrostazioni, opacizzazione della superficie e di fessurazioni, fratture e distacchi, con conseguente perdita di materiale. Il mosaico è stato completamente liberato dal supporto in cemento e collocato su pannelli in Aerolam, corredati da strutture di sostegno e di contenimento in acciaio. Le lacune di piccole dimensioni sono state integrate con malta incisa e dipinta ad acquarello; nelle lacune più grandi è stato realizzato un intonaco a base di calce idraulica su cui sono state incise le linee principali del disegno compositivo.
2010
Atti del XV Colloquio dell'Associazione Italiana per lo Studio e la Conervazione del Mosaico
173
182
Maselli Scotti F., Perpignani P., Racagni P., Fiori C., Vandini M. (2010). Il restauro dell'Asaratos Oecus di Aquileia. TIVOLI : Scripta Manent.
Maselli Scotti F.; Perpignani P.; Racagni P.; Fiori C.; Vandini M.
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