Anastasio bibliotecario fu una delle personalità più eminenti e più discusse nella Roma del terzo quarto del IX secolo, il cui nome è però strettamente legato alla missione a Costantinopoli compiuta tra la fine dell’869 e l’inizio dell’870, quando fu inviato dall’imperatore Ludovico II per trattare del matrimonio della figlia Ermengarda con Costantino, figlio dell’imperatore bizantino Basilio I. Giunto nella capitale imperiale, fu coinvolto nelle fasi finali dell’VIII concilio ecumenico, convocato per dirimere la questione di Fozio e, terminata la missione, Anastasio rientrò a Roma con una copia personale degli atti conciliari, che, a causa di eventi fortuiti, rimase l’unica copia pervenuta in Occidente e la base della successiva traduzione in latino compiuta dallo stesso Anastasio. Inviata a papa Adriano II nell’872, la traduzione fu accompagnata da una lunga lettera, un testo rigidamente strutturato secondo i canoni letterari delle epistole nuncupative, ma contenente al suo interno sia precise ricostruzioni storiche sia una potente volontà autorappresentativa e autocelebrativa. Obiettivo di questo contributo sarà quindi l’identificazione delle possibili fonti sfruttate da Anastasio nella redazione della lettera prefatoria, le modalità di autorappresentazione messe in atto dall’autore come mediatore di una precisa memoria storica degli eventi costantinopolitani e infine l’analisi delle diverse intenzioni comunicative anastasiane sottese alla redazione della lettera in rapporto anche a meccanismi di delegittimazione della dinastia amoriana.
Co', G. (2020). Memorie di un ambasciatore a Costantinopoli: Anastasio Bibliotecario tra rappresentazione di sé e racconto storico. Torino : Accademia University press.
Memorie di un ambasciatore a Costantinopoli: Anastasio Bibliotecario tra rappresentazione di sé e racconto storico
Co', Giulia
2020
Abstract
Anastasio bibliotecario fu una delle personalità più eminenti e più discusse nella Roma del terzo quarto del IX secolo, il cui nome è però strettamente legato alla missione a Costantinopoli compiuta tra la fine dell’869 e l’inizio dell’870, quando fu inviato dall’imperatore Ludovico II per trattare del matrimonio della figlia Ermengarda con Costantino, figlio dell’imperatore bizantino Basilio I. Giunto nella capitale imperiale, fu coinvolto nelle fasi finali dell’VIII concilio ecumenico, convocato per dirimere la questione di Fozio e, terminata la missione, Anastasio rientrò a Roma con una copia personale degli atti conciliari, che, a causa di eventi fortuiti, rimase l’unica copia pervenuta in Occidente e la base della successiva traduzione in latino compiuta dallo stesso Anastasio. Inviata a papa Adriano II nell’872, la traduzione fu accompagnata da una lunga lettera, un testo rigidamente strutturato secondo i canoni letterari delle epistole nuncupative, ma contenente al suo interno sia precise ricostruzioni storiche sia una potente volontà autorappresentativa e autocelebrativa. Obiettivo di questo contributo sarà quindi l’identificazione delle possibili fonti sfruttate da Anastasio nella redazione della lettera prefatoria, le modalità di autorappresentazione messe in atto dall’autore come mediatore di una precisa memoria storica degli eventi costantinopolitani e infine l’analisi delle diverse intenzioni comunicative anastasiane sottese alla redazione della lettera in rapporto anche a meccanismi di delegittimazione della dinastia amoriana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.