L'ascesa dello smartphone e la prominenza dei social media quali canali distributivi di immagini ha creato proficue opportunità di visibilità per i musei oltre che, forse inaspettatamente, di interazione tra il pubblico e gli spazi espositivi. Un processo del quale il medium fotografico, anche in virtù di una nuova condizione materiale, è da considerarsi se non il motore, uno degli ingranaggi indispensabili per il suo svolgimento. L’innovazione tecnologica innescata dalla convergenza tra fotocamera e telefono cellulare ha infatti trasformato tale medium in una protesi sempre a “portata di mano” e pronta all’uso, in grado produrre, post-produrre e condividere immagini in modo rapido e immediato attraverso canali come Facebook e Instagram, di cui il visitatore non ha tardato a servirsi per narrare alla propria cerchia di follower l’esperienza vissuta all’interno del museo. Se intesi nell’ottica di strumento atto alla narrazione autobiografica e alla costante presentazione/rappresentazione fotografica del sé, i social network possono essere assurti a spazio espositivo/performativo dell’identità virtuale del singolo e, in tale prospettiva, gli spazi museali possono offrire uno “sfondo”, tra i tanti, a tale identità. Il museo diviene, pertanto, un palcoscenico sul quale lo spettatore dismette i panni dell’osservatore/lettore dell’opera per calarsi nelle vesti di un attore protagonista che fruisce del contesto museale secondo il proprio copione con lo scopo di “mettersi in mostra”, fino a ridefinire il senso dei lavori artistici con cui si relaziona in funzione di un complesso processo di costruzione identitaria e auto-narrazione pubblica. In questa prospettiva, il contributo analizza il ruolo della fotografia quale mezzo e testimone di questa articolata interazione tra pubblico e spazi espositivi.
Chiara Pompa (2020). Mettersi in mostra. Da spettatore a performer per mezzo della fotografia “condivisa”. Bologna : Bononia University Press.
Mettersi in mostra. Da spettatore a performer per mezzo della fotografia “condivisa”
Chiara Pompa
2020
Abstract
L'ascesa dello smartphone e la prominenza dei social media quali canali distributivi di immagini ha creato proficue opportunità di visibilità per i musei oltre che, forse inaspettatamente, di interazione tra il pubblico e gli spazi espositivi. Un processo del quale il medium fotografico, anche in virtù di una nuova condizione materiale, è da considerarsi se non il motore, uno degli ingranaggi indispensabili per il suo svolgimento. L’innovazione tecnologica innescata dalla convergenza tra fotocamera e telefono cellulare ha infatti trasformato tale medium in una protesi sempre a “portata di mano” e pronta all’uso, in grado produrre, post-produrre e condividere immagini in modo rapido e immediato attraverso canali come Facebook e Instagram, di cui il visitatore non ha tardato a servirsi per narrare alla propria cerchia di follower l’esperienza vissuta all’interno del museo. Se intesi nell’ottica di strumento atto alla narrazione autobiografica e alla costante presentazione/rappresentazione fotografica del sé, i social network possono essere assurti a spazio espositivo/performativo dell’identità virtuale del singolo e, in tale prospettiva, gli spazi museali possono offrire uno “sfondo”, tra i tanti, a tale identità. Il museo diviene, pertanto, un palcoscenico sul quale lo spettatore dismette i panni dell’osservatore/lettore dell’opera per calarsi nelle vesti di un attore protagonista che fruisce del contesto museale secondo il proprio copione con lo scopo di “mettersi in mostra”, fino a ridefinire il senso dei lavori artistici con cui si relaziona in funzione di un complesso processo di costruzione identitaria e auto-narrazione pubblica. In questa prospettiva, il contributo analizza il ruolo della fotografia quale mezzo e testimone di questa articolata interazione tra pubblico e spazi espositivi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.