Per quali ragioni in alcuni paesi europei, in particolare in quelli dell’Europa meridionale tra cui l’Italia, è cresciuta la domanda di lavoro domestico? Per quale ragione questa crescita ha riguardato in modo par- ticolare il lavoro domestico co-residente, piuttosto che quello a ore, ovvero ha riguardato quella forma specifica di lavoro domestico considerata un residuo preindustriale? Che tipo di relazioni si instaurano tra datore di lavoro e dipendente nel lavoro domestico coresidente? Come spiegare i cambiamenti, rapidissimi e apparentemente strutturali, nella composizione nazionale dei lavoratori domestici, ovvero perché sempre di più essi sono stranieri, non solo in Italia, ma in tutte le grandi città del- l’Europa, degli Stati Uniti e del Canada – ma anche dei paesi del Golfo? E, infine, perché i paesi di arrivo sembrano interessati non solo a definire condizioni giuridiche e sociali particolari, discriminatorie per la precisione, per tali lavoratori al fine di mantenerli in uno stato di precarietà e segregazione occupazionale permanente? Ma perché sembrano anche interessati a negare che essi sono, oltre che forza lavoro, anche uomini e donne, madri o padri, figli o figlie, mariti o mogli, filippini o eritrei, interessati a prendere la cittadinanza o intenzionati a rientrare al più presto al proprio paese di provenienza? L'articolo analizza e ricostruisce i risultati delle ricerche internazionali più importanti e recenti che hanno cercato di rispondere a questi interrogativi.
Colombo A. (2003). Razza, genere, classe. Le tre dimensioni del lavoro voro domestico in Italia. POLIS, 17(2), 317-342 [10.1424/9567].
Razza, genere, classe. Le tre dimensioni del lavoro voro domestico in Italia
Colombo A.
2003
Abstract
Per quali ragioni in alcuni paesi europei, in particolare in quelli dell’Europa meridionale tra cui l’Italia, è cresciuta la domanda di lavoro domestico? Per quale ragione questa crescita ha riguardato in modo par- ticolare il lavoro domestico co-residente, piuttosto che quello a ore, ovvero ha riguardato quella forma specifica di lavoro domestico considerata un residuo preindustriale? Che tipo di relazioni si instaurano tra datore di lavoro e dipendente nel lavoro domestico coresidente? Come spiegare i cambiamenti, rapidissimi e apparentemente strutturali, nella composizione nazionale dei lavoratori domestici, ovvero perché sempre di più essi sono stranieri, non solo in Italia, ma in tutte le grandi città del- l’Europa, degli Stati Uniti e del Canada – ma anche dei paesi del Golfo? E, infine, perché i paesi di arrivo sembrano interessati non solo a definire condizioni giuridiche e sociali particolari, discriminatorie per la precisione, per tali lavoratori al fine di mantenerli in uno stato di precarietà e segregazione occupazionale permanente? Ma perché sembrano anche interessati a negare che essi sono, oltre che forza lavoro, anche uomini e donne, madri o padri, figli o figlie, mariti o mogli, filippini o eritrei, interessati a prendere la cittadinanza o intenzionati a rientrare al più presto al proprio paese di provenienza? L'articolo analizza e ricostruisce i risultati delle ricerche internazionali più importanti e recenti che hanno cercato di rispondere a questi interrogativi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.