Parlare di montagne innevate nel paesaggio fiammingo sembra paradossale, eppure non lo è se si esamina la pittura di Pieter Brueghel il “Vecchio” (Breda, 1525 circa - Bruxelles, 1569). Per meglio capire il fascino e l’originalità dei suoi Paesaggi, occorre partire dalla città di Anversa all’epoca di Pieter: città portuale sul mare del Nord, è il nuovo centro economico del mondo occidentale, fulcro dei commerci, delle spedizioni e dei grandi viaggi. Il gran flusso di denaro che circola per Anversa fa nascere una nuova classe borghese, dinamica e spregiudicata, in cerca di affermazione e ricchezza, che stimola le attività di artigiani ed artisti. Si affermano i primi pittori specialisti di paesaggio che stranamente dipingono montagne dalle forme immaginarie sullo sfondo di un alto orizzonte, utilizzando colori freddi, divisi in fasce cromatiche in successione per ottenere un efficace effetto prospettico. Uno di loro porta per la prima volta sulla tela un paesaggio ‘a volo di uccello’. Nei Paesi Bassi l’attenzione si sposta sempre di più verso il primato della Natura che inizia la sua trasformazione da semplice sfondo della rappresentazione a soggetto vero e proprio dell’opera d’Arte, pur formandosi sull’immaginario. È in questo contesto che si inserisce la pittura paesaggistica di P. Brueghel che dedica gli ultimi 12 anni della sua vita alla pittura e, come un narratore di fatti e di storie, racconta la vita quotidiana per come realmente si svolge: i contadini per la prima volta diventano soggetto del dipinto, mentre sono piegati dalla fatica del vivere, insieme ad ubriachi e mendicanti, piuttosto che personaggi presi di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari ed indifferenti all’osservatore del quadro. Ma, assieme alle passioni più umili, c’è al tempo stesso la varietà della vita, l’esplosione dell’allegria e della festa, ci sono i riti matrimoniali e le tradizioni tramandate da generazioni davanti al fuoco o durante un banchetto. Oltre a tutto questo, c’è il Paesaggio, visto alla sua maniera, come sublime intreccio di realtà e fantasia. Dopo un viaggio in Italia fonde l’immagine del ricordo delle nostre montagne con le aperte pianure della sua terra. Karel van Mander, il suo biografo, scrive: “durante i suoi viaggi in Italia ha disegnato tanti paesaggi come se avesse inghiottito tutti i monti e le rocce per poi, una volta tornato casa, rigettarli sulla tela, tano era fedele alla Natura” (Libro dei Pittori, 1604). Questa sensazione di Paesaggio universale, dove realtà e fantasia si intrecciano, si esprime alla massima potenza nel Ciclo delle Stagioni. La serie si inserisce nel solco della tradizione medievale dei ‘calendari illustrati’, con scene che riproducono le attività umane svolte nel susseguirsi ineluttabile delle stagioni. Si ritiene che Brueghel abbia realizzato sei tavole, più o meno della stessa dimensione (160 cm x 120 cm), una per i bimestri di ogni stagione, ma ne rimangono cinque: Cacciatori nella neve, Giornata buia, Fienagione, Mietitori e Ritorno della mandria. L’incredibile varietà di situazioni climatiche e le numerose varianti di luce interpretate con sorprendente naturalezza, sono la più spettacolare caratteristica del Ciclo. In questi i dipinti il susseguirsi delle stagioni è testimoniato non più principalmente dalle attività dei contadini, ma dal paesaggio. Sopraffatti, in una natura grandiosa e sovrana che muta costantemente, brulicano gli esseri umani, spesso affannandosi “nella ricorrente vicenda della vita”.
Maria Grazia Bellardi (2022). Articolo Realtà e Immaginario. Il Paesaggio universale di Brueghel ‘il Vecchio’. UNIVERSITÀ APERTA TERZA PAGINA, anno XXXII n. 1, 16-19.
Articolo Realtà e Immaginario. Il Paesaggio universale di Brueghel ‘il Vecchio’
Maria Grazia Bellardi
2022
Abstract
Parlare di montagne innevate nel paesaggio fiammingo sembra paradossale, eppure non lo è se si esamina la pittura di Pieter Brueghel il “Vecchio” (Breda, 1525 circa - Bruxelles, 1569). Per meglio capire il fascino e l’originalità dei suoi Paesaggi, occorre partire dalla città di Anversa all’epoca di Pieter: città portuale sul mare del Nord, è il nuovo centro economico del mondo occidentale, fulcro dei commerci, delle spedizioni e dei grandi viaggi. Il gran flusso di denaro che circola per Anversa fa nascere una nuova classe borghese, dinamica e spregiudicata, in cerca di affermazione e ricchezza, che stimola le attività di artigiani ed artisti. Si affermano i primi pittori specialisti di paesaggio che stranamente dipingono montagne dalle forme immaginarie sullo sfondo di un alto orizzonte, utilizzando colori freddi, divisi in fasce cromatiche in successione per ottenere un efficace effetto prospettico. Uno di loro porta per la prima volta sulla tela un paesaggio ‘a volo di uccello’. Nei Paesi Bassi l’attenzione si sposta sempre di più verso il primato della Natura che inizia la sua trasformazione da semplice sfondo della rappresentazione a soggetto vero e proprio dell’opera d’Arte, pur formandosi sull’immaginario. È in questo contesto che si inserisce la pittura paesaggistica di P. Brueghel che dedica gli ultimi 12 anni della sua vita alla pittura e, come un narratore di fatti e di storie, racconta la vita quotidiana per come realmente si svolge: i contadini per la prima volta diventano soggetto del dipinto, mentre sono piegati dalla fatica del vivere, insieme ad ubriachi e mendicanti, piuttosto che personaggi presi di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari ed indifferenti all’osservatore del quadro. Ma, assieme alle passioni più umili, c’è al tempo stesso la varietà della vita, l’esplosione dell’allegria e della festa, ci sono i riti matrimoniali e le tradizioni tramandate da generazioni davanti al fuoco o durante un banchetto. Oltre a tutto questo, c’è il Paesaggio, visto alla sua maniera, come sublime intreccio di realtà e fantasia. Dopo un viaggio in Italia fonde l’immagine del ricordo delle nostre montagne con le aperte pianure della sua terra. Karel van Mander, il suo biografo, scrive: “durante i suoi viaggi in Italia ha disegnato tanti paesaggi come se avesse inghiottito tutti i monti e le rocce per poi, una volta tornato casa, rigettarli sulla tela, tano era fedele alla Natura” (Libro dei Pittori, 1604). Questa sensazione di Paesaggio universale, dove realtà e fantasia si intrecciano, si esprime alla massima potenza nel Ciclo delle Stagioni. La serie si inserisce nel solco della tradizione medievale dei ‘calendari illustrati’, con scene che riproducono le attività umane svolte nel susseguirsi ineluttabile delle stagioni. Si ritiene che Brueghel abbia realizzato sei tavole, più o meno della stessa dimensione (160 cm x 120 cm), una per i bimestri di ogni stagione, ma ne rimangono cinque: Cacciatori nella neve, Giornata buia, Fienagione, Mietitori e Ritorno della mandria. L’incredibile varietà di situazioni climatiche e le numerose varianti di luce interpretate con sorprendente naturalezza, sono la più spettacolare caratteristica del Ciclo. In questi i dipinti il susseguirsi delle stagioni è testimoniato non più principalmente dalle attività dei contadini, ma dal paesaggio. Sopraffatti, in una natura grandiosa e sovrana che muta costantemente, brulicano gli esseri umani, spesso affannandosi “nella ricorrente vicenda della vita”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.