Oggetto d’analisi del saggio è la serie televisiva Westworld, ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy (HBO, 2016– ), e adattamento del film omonimo e diretto da Michael Crichton (Il mondo dei robot, 1973), grande successo degli anni Settanta e testo di culto dell’immaginario distopico sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tenendo conto delle diverse teorie critiche sull’adattamento, lo studio mira a mettere in luce le strategie traduttive che l’opera ha attivato rispetto al testo di partenza, nato in un contesto culturale, sociale e tecnologico molto diverso. Temi ricorrenti nella produzione di Crichton, l’uso deviante della scienza, con relativi errori o manomissioni, e le conseguenti catastrofi sono al centro anche di quest’opera. Lo scenario principale è un distopico parco a tema, in cui facoltosi turisti possono sperimentare esperienze proibite nella vita reale, tra le quali lo stupro e l’assassinio. Oggetto delle azioni dei visitatori sono gli abitanti di Westworld, incarnanti al massimo grado “l’Altro”, in quanto “nativi” del parco e soprattutto androidi imprigionati in un’eterna coazione a ripetere, in grado di mostrare emozioni e interagire con gli esseri umani senza mai poterli danneggiare veramente. L’obiettivo dello studio è di mettere in luce le diverse strategie testuali attraverso cui la serie, caratterizzata da una testualità dilatata ed espansa rispetto al formato cinematografico, mette in scena e problematizza diversi temi cruciali, tra i quali la natura delle emozioni, la coscienza e l’intelligenza artificiale in uno scenario futuristico dominato da nuove forme di schiavismo e lotta di classe. Un altro aspetto analizzato è la forte componente metanarrativa dell’opera, che tematizza il racconto stesso e la porosità dei confini tra realtà e finzione.

La ribellione delle macchine. Westworld: dall’apocalisse alla genesi

Emanuela Piga Bruni
2020

Abstract

Oggetto d’analisi del saggio è la serie televisiva Westworld, ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy (HBO, 2016– ), e adattamento del film omonimo e diretto da Michael Crichton (Il mondo dei robot, 1973), grande successo degli anni Settanta e testo di culto dell’immaginario distopico sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tenendo conto delle diverse teorie critiche sull’adattamento, lo studio mira a mettere in luce le strategie traduttive che l’opera ha attivato rispetto al testo di partenza, nato in un contesto culturale, sociale e tecnologico molto diverso. Temi ricorrenti nella produzione di Crichton, l’uso deviante della scienza, con relativi errori o manomissioni, e le conseguenti catastrofi sono al centro anche di quest’opera. Lo scenario principale è un distopico parco a tema, in cui facoltosi turisti possono sperimentare esperienze proibite nella vita reale, tra le quali lo stupro e l’assassinio. Oggetto delle azioni dei visitatori sono gli abitanti di Westworld, incarnanti al massimo grado “l’Altro”, in quanto “nativi” del parco e soprattutto androidi imprigionati in un’eterna coazione a ripetere, in grado di mostrare emozioni e interagire con gli esseri umani senza mai poterli danneggiare veramente. L’obiettivo dello studio è di mettere in luce le diverse strategie testuali attraverso cui la serie, caratterizzata da una testualità dilatata ed espansa rispetto al formato cinematografico, mette in scena e problematizza diversi temi cruciali, tra i quali la natura delle emozioni, la coscienza e l’intelligenza artificiale in uno scenario futuristico dominato da nuove forme di schiavismo e lotta di classe. Un altro aspetto analizzato è la forte componente metanarrativa dell’opera, che tematizza il racconto stesso e la porosità dei confini tra realtà e finzione.
2020
Oltre l'adattamento? Narrazioni espanse: intermedialità, transmedialità, virtualità
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Emanuela Piga Bruni
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