Alzava il braccio meravigliandosi che il comando fosse dato e ricevuto, senza sapere esattamente quale padrone meglio servito di sé stesso rendesse operante quell’ordine: mille volte infatti aveva constatato che la volontà semplicemente pensata, foss’anche con tutta la potenza mentale di cui era capace, non era in grado di fargli battere le ciglia o aggrottare le sopracciglia, come le suppliche di un bambino non riescono a smuovere le pietre. Ci voleva la tacita acquiescenza di una parte di sé più vicina all’abisso del corpo. Meticolosamente, come si separano le fibre da uno stelo, egli separava le une dalle altre queste diverse forme di volontà. M. Yourcenar
Daniele Sgaravatti (2003). La debolezza del volere. IRIDE, 16, 125-136.
La debolezza del volere
Daniele Sgaravatti
2003
Abstract
Alzava il braccio meravigliandosi che il comando fosse dato e ricevuto, senza sapere esattamente quale padrone meglio servito di sé stesso rendesse operante quell’ordine: mille volte infatti aveva constatato che la volontà semplicemente pensata, foss’anche con tutta la potenza mentale di cui era capace, non era in grado di fargli battere le ciglia o aggrottare le sopracciglia, come le suppliche di un bambino non riescono a smuovere le pietre. Ci voleva la tacita acquiescenza di una parte di sé più vicina all’abisso del corpo. Meticolosamente, come si separano le fibre da uno stelo, egli separava le une dalle altre queste diverse forme di volontà. M. YourcenarI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.