Fu l'ultimo grande cantiere di restauro condotto dall'ICR sulla Loggia di Psiche allo scoccare della fine del secolo scorso (1990-1997), a restituirci, finalmente, la cromia dei "cieli" di Raffaello. Deturpati completamente dall'intervento operato nel 1930, solo allora tornarono alla luce in alcune frammentarie tracce miracolosamente sfuggite alla troppo disinvolta, per non dire, barbarica, "spulitura" operata dal restauratore romano Venturini Papi. Infine, a distanza di sessant'anni, venne decretata - inequivocabilmente e definitivamente - la portata dei danni provocati alla lettura del ciclo dalla raschiatura dei cieli - operazione sorretta dalla convinzione di aver finalmente recuperato l'originale azzurrite raffaellesca che prima il Maratta e poi un successivo intervento ottocentesco avevano compromesso -, ma soprattutto venne stabilito che, senza alcuna ombra di dubbio, quel celeste che ancora oggi segna la cromia dei cieli della volta della Farnesina, non era altro che la preparazione a smaltino che il maestro di Urbino utilizzava spesso e volentieri come base su cui poi stendere le diverse gradazioni di colore finale. In mezzo a quei due momenti così discordanti della vita degli affreschi, sessant'anni di critica artistica e del restauro fondanti inizialmente su malintesi e silenzi, disamine superficiali legate alla errata percezione del restauro marattesco e della storia restaurativa e tecnica dell'opera, poi finalmente, a partire dall'ultimo quarto del Novecento, fondanti su una consapevolezza che portò ad una operatività sul campo che non poteva più fare a meno di una nuova coscienza critica e storica.
Ciancabilla, L. (2021). 1930-1990: i cieli della Loggia di Psiche come paradigma della teoria e della critica del restauro del Novecento. Bologna : Bononia University press.
1930-1990: i cieli della Loggia di Psiche come paradigma della teoria e della critica del restauro del Novecento
Luca Ciancabilla
2021
Abstract
Fu l'ultimo grande cantiere di restauro condotto dall'ICR sulla Loggia di Psiche allo scoccare della fine del secolo scorso (1990-1997), a restituirci, finalmente, la cromia dei "cieli" di Raffaello. Deturpati completamente dall'intervento operato nel 1930, solo allora tornarono alla luce in alcune frammentarie tracce miracolosamente sfuggite alla troppo disinvolta, per non dire, barbarica, "spulitura" operata dal restauratore romano Venturini Papi. Infine, a distanza di sessant'anni, venne decretata - inequivocabilmente e definitivamente - la portata dei danni provocati alla lettura del ciclo dalla raschiatura dei cieli - operazione sorretta dalla convinzione di aver finalmente recuperato l'originale azzurrite raffaellesca che prima il Maratta e poi un successivo intervento ottocentesco avevano compromesso -, ma soprattutto venne stabilito che, senza alcuna ombra di dubbio, quel celeste che ancora oggi segna la cromia dei cieli della volta della Farnesina, non era altro che la preparazione a smaltino che il maestro di Urbino utilizzava spesso e volentieri come base su cui poi stendere le diverse gradazioni di colore finale. In mezzo a quei due momenti così discordanti della vita degli affreschi, sessant'anni di critica artistica e del restauro fondanti inizialmente su malintesi e silenzi, disamine superficiali legate alla errata percezione del restauro marattesco e della storia restaurativa e tecnica dell'opera, poi finalmente, a partire dall'ultimo quarto del Novecento, fondanti su una consapevolezza che portò ad una operatività sul campo che non poteva più fare a meno di una nuova coscienza critica e storica.File | Dimensione | Formato | |
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