Il punto di partenza da cui prende spunto la riflessione fenomenologica sembra condannare la fenomenologia stessa, fin dai suoi primi albori, ad abitare nell’irresolubilità di un paradosso. Tale paradosso va sotto il nome di «solipsismo» e concerne senza alcuna distinzione di sorta ogni tentativo teso a fondare una filosofia a carattere trascendentale. Da una parte, l’auto-riflessione dell’io a partire dall’evidenza del cogito – attraverso lo strumento del dubbio radicale – riesce ad acquisire una valenza apodittica e universale. D’altra parte, l’indubitabilità cui giunge l’auto-riflessione rischia di fare dell’io nient’altro che il risultato o, meglio, il prigioniero della sua stessa vacuità formale. Rinunciando al mondo, l’ego assurge alla purezza dell’io trascendentale, in virtù dell’identità assoluta (o, forse, sarebbe meglio dire «tautologica») che pone il soggetto in un rapporto di perfetta uguaglianza con se stesso: Io = Io. Tuttavia, erigendosi a «re ed arbitro del mondo», il soggetto si autocondanna (almeno così sembra) al triste destino di «fabbricatore di solitudine». Con il titolo di «io trascendentale», l’ego cogito (esattamente come l’«Io penso» kantiano) appare, infatti, privo di ogni materialità ed incapace d’effettuare in ultima istanza alcun tipo d’individuazione. Trasformandosi in solus ipse, l’io finisce per pagare l’abissale discesa nell’interiorità dell’anima – «noli foras ire» direbbe Agostino – al caro prezzo del solipsismo. Ma cosa deve intendersi per «solipsismo»? La figura metafisica del «soggetto», che presuppone l’uguaglianza perfetta «Io = Io» e fonda al contempo la condizione di possibilità del suo corrispettivo morale: l’egoismo in quanto philautia o «amor proprio», o – per dirlo con le parole della Critica della Ragion Pratica – «Eigenliebe». Da un punto di vista metafisico, l’amor proprio si definisce nei termini di una figura derivata dal solipsismo, – intendendo quest’ultimo come l’aporia di maggior peso che grava sulle sorti del soggetto trascendentale.

Eigenliebe ovvero l'egoismo Metafisico del Soggetto / Emanuele Mariani. - In: SEGNI E COMPRENSIONE. - ISSN 1121-6530. - STAMPA. - 23:(2009), pp. 21-51. [10.1285/i18285368aXXIVn70p97]

Eigenliebe ovvero l'egoismo Metafisico del Soggetto

Emanuele Mariani
2009

Abstract

Il punto di partenza da cui prende spunto la riflessione fenomenologica sembra condannare la fenomenologia stessa, fin dai suoi primi albori, ad abitare nell’irresolubilità di un paradosso. Tale paradosso va sotto il nome di «solipsismo» e concerne senza alcuna distinzione di sorta ogni tentativo teso a fondare una filosofia a carattere trascendentale. Da una parte, l’auto-riflessione dell’io a partire dall’evidenza del cogito – attraverso lo strumento del dubbio radicale – riesce ad acquisire una valenza apodittica e universale. D’altra parte, l’indubitabilità cui giunge l’auto-riflessione rischia di fare dell’io nient’altro che il risultato o, meglio, il prigioniero della sua stessa vacuità formale. Rinunciando al mondo, l’ego assurge alla purezza dell’io trascendentale, in virtù dell’identità assoluta (o, forse, sarebbe meglio dire «tautologica») che pone il soggetto in un rapporto di perfetta uguaglianza con se stesso: Io = Io. Tuttavia, erigendosi a «re ed arbitro del mondo», il soggetto si autocondanna (almeno così sembra) al triste destino di «fabbricatore di solitudine». Con il titolo di «io trascendentale», l’ego cogito (esattamente come l’«Io penso» kantiano) appare, infatti, privo di ogni materialità ed incapace d’effettuare in ultima istanza alcun tipo d’individuazione. Trasformandosi in solus ipse, l’io finisce per pagare l’abissale discesa nell’interiorità dell’anima – «noli foras ire» direbbe Agostino – al caro prezzo del solipsismo. Ma cosa deve intendersi per «solipsismo»? La figura metafisica del «soggetto», che presuppone l’uguaglianza perfetta «Io = Io» e fonda al contempo la condizione di possibilità del suo corrispettivo morale: l’egoismo in quanto philautia o «amor proprio», o – per dirlo con le parole della Critica della Ragion Pratica – «Eigenliebe». Da un punto di vista metafisico, l’amor proprio si definisce nei termini di una figura derivata dal solipsismo, – intendendo quest’ultimo come l’aporia di maggior peso che grava sulle sorti del soggetto trascendentale.
2009
Eigenliebe ovvero l'egoismo Metafisico del Soggetto / Emanuele Mariani. - In: SEGNI E COMPRENSIONE. - ISSN 1121-6530. - STAMPA. - 23:(2009), pp. 21-51. [10.1285/i18285368aXXIVn70p97]
Emanuele Mariani
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/864344
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