Con la sentenza Lautsi del 3 novembre scorso , la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche vïola la libertà religiosa degli alunni e il diritto dei genitori di educare la prole secondo le proprie convinzioni, tutelati, rispettivamente, dagli articoli 9 della Convenzione e 2 del Protocollo aggiuntivo n. 1. Le reazioni, più o meno scomposte, provocate dalla sentenza, dimostrano come il nodo dei simboli religiosi nella sfera pubblica rispecchi le principali angosce e contraddizioni che agitano le democrazie occidentali nell’epoca della globalizzazione. La circostanza che la decisione provenga da un organo di giustizia internazionale aggiunge poi un altro ordine di considerazioni, legato al ruolo della supervisione internazionale nella tutela dei diritti fondamentali, e, in particolare, al problema del consenso come condizione per l’armonizzazione della tutela. Il mio intervento ha dunque un duplice fine. Il primo è quello di dimostrare come la pronuncia costituisca un fondamentale passo avanti nell’assestamento della Corte EDU nel ruolo contro-maggioritario di “custode contro la tirannia delle maggioranze” e sia quindi da salutare positivamente. Il secondo fine è di mettere in luce l’infondatezza degli argomenti a sostegno della liceità dell’esposizione del crocifisso, sulla base di un’analisi comparata dei conflitti sul “posto” dei simboli religiosi nella sfera pubblica .
S. Mancini (2009). La supervisione europea presa sul serio: la controversia sul crocifisso tra margine di apprezzamento e ruolo contromaggioritario delle corti. GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE, 5, 479-507.
La supervisione europea presa sul serio: la controversia sul crocifisso tra margine di apprezzamento e ruolo contromaggioritario delle corti
MANCINI, SUSANNA
2009
Abstract
Con la sentenza Lautsi del 3 novembre scorso , la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche vïola la libertà religiosa degli alunni e il diritto dei genitori di educare la prole secondo le proprie convinzioni, tutelati, rispettivamente, dagli articoli 9 della Convenzione e 2 del Protocollo aggiuntivo n. 1. Le reazioni, più o meno scomposte, provocate dalla sentenza, dimostrano come il nodo dei simboli religiosi nella sfera pubblica rispecchi le principali angosce e contraddizioni che agitano le democrazie occidentali nell’epoca della globalizzazione. La circostanza che la decisione provenga da un organo di giustizia internazionale aggiunge poi un altro ordine di considerazioni, legato al ruolo della supervisione internazionale nella tutela dei diritti fondamentali, e, in particolare, al problema del consenso come condizione per l’armonizzazione della tutela. Il mio intervento ha dunque un duplice fine. Il primo è quello di dimostrare come la pronuncia costituisca un fondamentale passo avanti nell’assestamento della Corte EDU nel ruolo contro-maggioritario di “custode contro la tirannia delle maggioranze” e sia quindi da salutare positivamente. Il secondo fine è di mettere in luce l’infondatezza degli argomenti a sostegno della liceità dell’esposizione del crocifisso, sulla base di un’analisi comparata dei conflitti sul “posto” dei simboli religiosi nella sfera pubblica .I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.