Continuamente genitori e docenti fanno i conti con la necessità di riflettere sul proprio ruolo, in rapporto ai bisogni di comprensione ed elaborazione della complessità della vita e della crescita – con cui bambini e giovani maturano il proprio processo educativo ed esistenziale. Ruben Alves sembra rivitalizzare un monito pedagogico in cui riconosciamo la pluralità delle voci di tanti autori, sinceri e coinvolti in un progetto di scuola e di educazione a servizio della qualità della vita, del singolo e della comunità sociale e naturale. Dunque, lasciamoci ridestare da domande radicali, quali “Che cosa significa educare? Educare a che cosa?”; non pretendiamo risposte che ci limitino nel sentire il bisogno di ricercare e cambiare. L’Autore si pone in una modalità narrativa dialogante, ponendo questioni esistenzialmente forti attraverso lo sguardo e la voce di un bambino, che si sente legittimato a nutrire il sentimento dell’amore e a non disgiungerlo dal voler scoprire ciò che sente di poter e voler essere. Così le domande sorgono; il bambino le offre consegnandole all’adulto – genitore e insegnante – cui sfuggono, però, profondità e mistero da cui provengono. La bellezza lo attrae, il senso di meraviglia lo interpella ad immaginarsi felice e ad attivarsi per esserlo. Ma nel confronto con la famiglia e la scuola si sente smarrito. Cogliamo questa sollecitazione per meglio maturare, come genitori, insegnanti e adulti guida, la consapevolezza del rischio di generare danno, poiché educare è un’azione delicata che coinvolge tutti gli attori in un processo di scoperta di sé e sperimentazione di sé e del mondo, vasto, profondo e mai concluso.
Pinocchio alla rovescia
Casadei Rita
2021
Abstract
Continuamente genitori e docenti fanno i conti con la necessità di riflettere sul proprio ruolo, in rapporto ai bisogni di comprensione ed elaborazione della complessità della vita e della crescita – con cui bambini e giovani maturano il proprio processo educativo ed esistenziale. Ruben Alves sembra rivitalizzare un monito pedagogico in cui riconosciamo la pluralità delle voci di tanti autori, sinceri e coinvolti in un progetto di scuola e di educazione a servizio della qualità della vita, del singolo e della comunità sociale e naturale. Dunque, lasciamoci ridestare da domande radicali, quali “Che cosa significa educare? Educare a che cosa?”; non pretendiamo risposte che ci limitino nel sentire il bisogno di ricercare e cambiare. L’Autore si pone in una modalità narrativa dialogante, ponendo questioni esistenzialmente forti attraverso lo sguardo e la voce di un bambino, che si sente legittimato a nutrire il sentimento dell’amore e a non disgiungerlo dal voler scoprire ciò che sente di poter e voler essere. Così le domande sorgono; il bambino le offre consegnandole all’adulto – genitore e insegnante – cui sfuggono, però, profondità e mistero da cui provengono. La bellezza lo attrae, il senso di meraviglia lo interpella ad immaginarsi felice e ad attivarsi per esserlo. Ma nel confronto con la famiglia e la scuola si sente smarrito. Cogliamo questa sollecitazione per meglio maturare, come genitori, insegnanti e adulti guida, la consapevolezza del rischio di generare danno, poiché educare è un’azione delicata che coinvolge tutti gli attori in un processo di scoperta di sé e sperimentazione di sé e del mondo, vasto, profondo e mai concluso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.