Al fine di riflettere sul rapporto tra arte e politica sotto il regime di Mussolini, quella del pittore Mario Sironi (1885-1961) è una figura paradigmatica. Esponente di punta dell’avanguardia artistica italiana, egli divenne infatti uno dei maggiori e più consapevoli rappresentanti dell’arte fascista. A differenza di altri artisti e intellettuali, per i quali l’avvicinamento al regime avvenne in modo più controverso, in molti casi sotto la spinta di paura, indifferenza o opportunismo, l’adesione di Sironi agli ideali del fascismo fu totale e duratura (tanto che anche dopo la svolta dell’estate 1943, con la caduta del governo Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre, rimase convintamente fascista, aderendo alla Repubblica sociale italiana). Durante gli anni Venti e Trenta, il suo impegno nell’elaborazione di un canone artistico della «rivoluzione fascista» fu perciò costante e molteplice: illustratore di testate come «Gerarchia» e «La Rivista illustrata del Popolo d’Italia»; critico d’arte per vari periodici di regime; decoratore dei padiglioni italiani in alcune esposizioni internazionali; collaboratore nell’allestimento della Mostra della rivoluzione fascista di Roma (1932) e di altre mostre successive; principale firmatario del Manifesto per la pittura murale (1933); consulente pubblico in progetti architettonici e urbanistici; autore di numerose grandi opere commissionate dal regime. In questa relazione prenderò in esame soprattutto una serie di importanti lavori degli anni Trenta, dedicati alla celebrazione dello stato corporativo e della politica sociale fascista. Analizzando come uno dei più famosi pittori italiani del XX secolo cercò di tradurre in forme artistiche l’ideologia fascista, metterò al centro della mia riflessione in particolare due questioni storiografiche: 1) il rapporto dell’arte fascista con i concetti di tradizione e di modernità; 2) la comparazione tra l’esperienza italiana e altri tentativi europei di costruire un’estetica di regime.
Pasetti, M. (2021). Mario Sironi, artista fascista. Le opere sul lavoro e sulle corporazioni. Reiberão : Húmus.
Mario Sironi, artista fascista. Le opere sul lavoro e sulle corporazioni
Pasetti, Matteo
2021
Abstract
Al fine di riflettere sul rapporto tra arte e politica sotto il regime di Mussolini, quella del pittore Mario Sironi (1885-1961) è una figura paradigmatica. Esponente di punta dell’avanguardia artistica italiana, egli divenne infatti uno dei maggiori e più consapevoli rappresentanti dell’arte fascista. A differenza di altri artisti e intellettuali, per i quali l’avvicinamento al regime avvenne in modo più controverso, in molti casi sotto la spinta di paura, indifferenza o opportunismo, l’adesione di Sironi agli ideali del fascismo fu totale e duratura (tanto che anche dopo la svolta dell’estate 1943, con la caduta del governo Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre, rimase convintamente fascista, aderendo alla Repubblica sociale italiana). Durante gli anni Venti e Trenta, il suo impegno nell’elaborazione di un canone artistico della «rivoluzione fascista» fu perciò costante e molteplice: illustratore di testate come «Gerarchia» e «La Rivista illustrata del Popolo d’Italia»; critico d’arte per vari periodici di regime; decoratore dei padiglioni italiani in alcune esposizioni internazionali; collaboratore nell’allestimento della Mostra della rivoluzione fascista di Roma (1932) e di altre mostre successive; principale firmatario del Manifesto per la pittura murale (1933); consulente pubblico in progetti architettonici e urbanistici; autore di numerose grandi opere commissionate dal regime. In questa relazione prenderò in esame soprattutto una serie di importanti lavori degli anni Trenta, dedicati alla celebrazione dello stato corporativo e della politica sociale fascista. Analizzando come uno dei più famosi pittori italiani del XX secolo cercò di tradurre in forme artistiche l’ideologia fascista, metterò al centro della mia riflessione in particolare due questioni storiografiche: 1) il rapporto dell’arte fascista con i concetti di tradizione e di modernità; 2) la comparazione tra l’esperienza italiana e altri tentativi europei di costruire un’estetica di regime.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.