Alle ciliegie molti di noi non sanno resistere: un vero e proprio godimento non solo del palato, ma anche estetico, con la loro buccia lucida e i mille colori, dal rosso scarlatto al rosato, al quasi nero o al quasi bianco, e poi grandi, piccole, sferiche o cuoriformi, sempre comunque perfette, dolci e succose. Quando si comincia a mangiarne una, sembra impossibile fermarsi. Il nome botanico dell’albero responsabile di questo genuino quanto incontrollabile peccato di gola è Prunus avium. Eppure, fino a qualche secolo fa, erano molto più apprezzate e diffuse le ciliegie dal sapore amaro, persino acidulo ed asprigno, e che oggi raramente degustiamo fresche, bensì sciroppate o sottoforma di confetture e gelatine, oppure trasformate in deliziosi liquori come il maraschino o il visciolino. Parliamo delle amarene, delle marasche e delle visciole, ossia del frutto del ciliegio ‘amaro’, Prunus cerasus. Se ad esempio ci si sofferma su uno dei tanti dipinti dedicati alla frutta del Pittore mediceo per eccellenza, B.Bimbi (1648-1728), ‘Natura morta di ciliegie in un paesaggio’ , ci si accorge che dall’enorme cesta si riversa un ricco campionario di ciliegie: ben 34 varietà fra «dolci» e «amare», ognuna minuziosamente catalogata e descritta nel Libro di P.A.Micheli (1679-1737) ‘Lista di tutte le frutte che giorno per giorno dentro l’anno sono poste alla mensa del Ser.mo Gran duca di Toscana’. Queste antiche varietà, dai nomi assai curiosi, oggi non esistono più, sostituite da amarene, marasche e visciole di cui andremo a scoprire assieme la Storia ed il significato simbolico nell’Arte figurativa a tema religioso, partendo dall’antica Roma. LA STORIA La ciliegia è un frutto molto antico. Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) racconta della sua importazione in Italia attorno al 71 a.C. ed indica il Ponto, in Turchia, come zona di provenienza e precisamente la città di Cerasunte o Kérasos. Scrive infatti San Girolamo, vissuto dal 331 al 420, Segretario di Papa San Damaso e autore di Lettere, Trattati e Commentari, che ‘Plinius Maior narrat cerasos ante victoriam Mithridaticam in Italia incognitas fuisse’, ossia nella sua ‘Naturalis Historia” Plinio precisa che il ciliegio prima della vittoria del generale Lucinio Lucullo su Mitridate era del tutto sconosciuto in Italia. Fu proprio Lucullo a portare questa ‘nuovo’ albero a Roma ed i Romani rimasero letteralmente affascinati dal suo frutto, nonostante il sapore amaro. Ma, con l’aggiunta di abbondante miele, iniziarono a preparare i primi sorbetti e le prime granite reperendo la neve dalle montagne (anche dal Vesuvio), trasportandola nelle città con appositi carri con diritto di precedenza assoluta, all’interno di robusti imballi di paglia e lana. Nell’antica Roma il piacere di consumare bevande mescolate a neve e/o a ghiaccio non era solo privilegio dei ricchi. Anche il popolo aveva la possibilità i gustare granite al gusto ciliegie nel “thermopolium”, l’antesignano del nostro bar. Ma non basta, con le amarene si preparavano dei gustosi dolci, come quello raffigurato ad Oplonits, definito la ‘prima cassata’ dell’arte culinaria, con tanto di glassa rossa e lucida e ciliegie candite. Gli antichi Romani si innamorarono anche della bellezza estetica del P. cerasus, tanto da dipingerlo sia come albero, sia come frutto. Ne sono testimonianza gli affreschi delle dimore di Oplontis (Villa di Poppea) ed Ercolano (Villa di Cicerone e Casa del Gran portale), ove pappagalli, pernici e pavoni si cibano di grosse e lucide amarene, anche se il più bello è lui, quel buffo passerotto che, sul ripiano di una finestra aperta, e la cui ombra è proiettata sulla parete, è pronto a beccare due grosse e lucide amarene (Pompei, Casa delle Quadrighe). Quello che però maggiormente affascina e forse stupisce delle ciliegie amare è il significato simbolico nella Pittura a tema religioso. Simbolismo nella Pittura sacra La ciliegia, in particolare l’amarena, richiama il sangue di Cristo o più precisamente la sua Passione. Ce lo racconta il D.Bigordi, noto come il Ghirlandaio, nei due splendidi Cenacoli dipinti a Firenze. Il primo è quello di Ognissanti del 1480 (il secondo è quello di San Marco nel 1486), ove Giuda, di spalle, è ritratto nel momento successivo all’annuncio del tradimento dato che ha già in mano il pezzo di pane offertogli da Gesù. Siamo nel refettorio dove i monaci consumavano i pasti, un ambiente architettonico che sembra continuare in uno sfondo illusionistico dato da volte e finestre arricchite da una moltitudine di simboli animali e vegetali fra cui le ciliegie. Anche nelle più delicate ed intime scene dove Maria è accanto al Bambino, lo tiene fra le braccia, lo culla, lo bacia teneramente o gioca con Lui, compaiono delle rosse ciliegie, a volte in rametti, a volte come elementi singoli o all’interno di grandi ceste. Versioni diverse che ruotano attorno alla simbologia della ciliegia in scene silenziose di estrema incisività e poesia, scandite dagli sguardi e dai gesti dei protagonisti ora pensosi e melanconici, ora giocosi ed allegri. Eppure, il simbolismo della ciliegia è pur sempre triste: la Passione di Cristo. Un bellissimo esempio del realismo della Pittura fiamminga del ‘500 lo regala G.David nel dipinto “Madonna con bambino e zuppa di latte” (1515): Maria, nell’intimità delle mura domestiche, imbocca al mattino il proprio bambino che tiene sulle ginocchia. Ma Gesù ha in mano un rametto di ciliegio, con foglie e amarene; vi ci gioca? No, è visibilmente assorto: in realtà, medita sul proprio destino. Quasi certamente, la prima raffigurazione pittorica in assoluto di ciliegie con Maria ed il Bambino è quella della Chiesa di Santa Maria in Viatosto, in provincia di Asti. In una splendida tavola lignea trecentesca, la Madonna ha in mano due ciliegie e la si potrebbe pensare come una madre che le porge al proprio figlio. In realtà, è il Bambino che con una mano tiene già saldamente il cestino colmo di visciole, mentre con l’altra prende lui le ciliegie e, per farlo, si sporge dal grembo della madre, quasi per tenerglielo a distanza a significare che il cesto con le ciliegie, ossia la Passione, gli appartiene. Nel ‘400 e nel ‘500 tanti illustri Pittori italiani riprendono lo stesso tema, come il Correggio, Antonello da Messina e Tiziano. La “Madonna con il Bambino” del 1470 (Antonello e Jacobello da Messina) raffigura Maria con Gesù accanto ad un parapetto: Lei, in un’elegante e sobria veste con ricami trasparenti e perle, avvolta da un mantello blu scuro, ha i capelli raccolti che cadono a ciocche sulle spalle; il Bimbo ha una tunica arancione e il ciondolo di corallo rosso al collo, con una manina benedice e con l’altra afferra alcune ciliegie dalla coppa di vetro: ciliegie, a forma di cuore, di colore rosso come il Sacrificio. Tra il 1516 e il 1518, Tiziano dipinge la ‘Madonna delle ciliegie’. Sullo sfondo una tenda rossa damascata fa da filtro tra le figure ed un sereno cielo azzurro. La Vergine è accompagnata dai Santi Giuseppe e Zaccaria. In primo piano, un Gesù sorridente e giocoso si dimena su un parapetto offrendo ciliegie alla Madre che però lo guarda piena di tristezza (Fig. 8). Niente da aggiungere a questa scena solo nell’apparenza silenziosa, eppure tanto capace di esprimere emozioni e stati d’animo attraverso gesti e sguardi, utilizzando ancora una volta la simbologia della ciliegia con estrema incisività. Ma questo è tipico dei grandi Maestri del nostro Rinascimento.

M.G.Bellardi (2021). Un’Amarena tira l’altra. Arte, storia e virtù di una ciliegia aspra, ma pur sempre irresistibile. UNIVERSITÀ APERTA TERZA PAGINA, 31(3), 5-8.

Un’Amarena tira l’altra. Arte, storia e virtù di una ciliegia aspra, ma pur sempre irresistibile

M. G. Bellardi
2021

Abstract

Alle ciliegie molti di noi non sanno resistere: un vero e proprio godimento non solo del palato, ma anche estetico, con la loro buccia lucida e i mille colori, dal rosso scarlatto al rosato, al quasi nero o al quasi bianco, e poi grandi, piccole, sferiche o cuoriformi, sempre comunque perfette, dolci e succose. Quando si comincia a mangiarne una, sembra impossibile fermarsi. Il nome botanico dell’albero responsabile di questo genuino quanto incontrollabile peccato di gola è Prunus avium. Eppure, fino a qualche secolo fa, erano molto più apprezzate e diffuse le ciliegie dal sapore amaro, persino acidulo ed asprigno, e che oggi raramente degustiamo fresche, bensì sciroppate o sottoforma di confetture e gelatine, oppure trasformate in deliziosi liquori come il maraschino o il visciolino. Parliamo delle amarene, delle marasche e delle visciole, ossia del frutto del ciliegio ‘amaro’, Prunus cerasus. Se ad esempio ci si sofferma su uno dei tanti dipinti dedicati alla frutta del Pittore mediceo per eccellenza, B.Bimbi (1648-1728), ‘Natura morta di ciliegie in un paesaggio’ , ci si accorge che dall’enorme cesta si riversa un ricco campionario di ciliegie: ben 34 varietà fra «dolci» e «amare», ognuna minuziosamente catalogata e descritta nel Libro di P.A.Micheli (1679-1737) ‘Lista di tutte le frutte che giorno per giorno dentro l’anno sono poste alla mensa del Ser.mo Gran duca di Toscana’. Queste antiche varietà, dai nomi assai curiosi, oggi non esistono più, sostituite da amarene, marasche e visciole di cui andremo a scoprire assieme la Storia ed il significato simbolico nell’Arte figurativa a tema religioso, partendo dall’antica Roma. LA STORIA La ciliegia è un frutto molto antico. Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) racconta della sua importazione in Italia attorno al 71 a.C. ed indica il Ponto, in Turchia, come zona di provenienza e precisamente la città di Cerasunte o Kérasos. Scrive infatti San Girolamo, vissuto dal 331 al 420, Segretario di Papa San Damaso e autore di Lettere, Trattati e Commentari, che ‘Plinius Maior narrat cerasos ante victoriam Mithridaticam in Italia incognitas fuisse’, ossia nella sua ‘Naturalis Historia” Plinio precisa che il ciliegio prima della vittoria del generale Lucinio Lucullo su Mitridate era del tutto sconosciuto in Italia. Fu proprio Lucullo a portare questa ‘nuovo’ albero a Roma ed i Romani rimasero letteralmente affascinati dal suo frutto, nonostante il sapore amaro. Ma, con l’aggiunta di abbondante miele, iniziarono a preparare i primi sorbetti e le prime granite reperendo la neve dalle montagne (anche dal Vesuvio), trasportandola nelle città con appositi carri con diritto di precedenza assoluta, all’interno di robusti imballi di paglia e lana. Nell’antica Roma il piacere di consumare bevande mescolate a neve e/o a ghiaccio non era solo privilegio dei ricchi. Anche il popolo aveva la possibilità i gustare granite al gusto ciliegie nel “thermopolium”, l’antesignano del nostro bar. Ma non basta, con le amarene si preparavano dei gustosi dolci, come quello raffigurato ad Oplonits, definito la ‘prima cassata’ dell’arte culinaria, con tanto di glassa rossa e lucida e ciliegie candite. Gli antichi Romani si innamorarono anche della bellezza estetica del P. cerasus, tanto da dipingerlo sia come albero, sia come frutto. Ne sono testimonianza gli affreschi delle dimore di Oplontis (Villa di Poppea) ed Ercolano (Villa di Cicerone e Casa del Gran portale), ove pappagalli, pernici e pavoni si cibano di grosse e lucide amarene, anche se il più bello è lui, quel buffo passerotto che, sul ripiano di una finestra aperta, e la cui ombra è proiettata sulla parete, è pronto a beccare due grosse e lucide amarene (Pompei, Casa delle Quadrighe). Quello che però maggiormente affascina e forse stupisce delle ciliegie amare è il significato simbolico nella Pittura a tema religioso. Simbolismo nella Pittura sacra La ciliegia, in particolare l’amarena, richiama il sangue di Cristo o più precisamente la sua Passione. Ce lo racconta il D.Bigordi, noto come il Ghirlandaio, nei due splendidi Cenacoli dipinti a Firenze. Il primo è quello di Ognissanti del 1480 (il secondo è quello di San Marco nel 1486), ove Giuda, di spalle, è ritratto nel momento successivo all’annuncio del tradimento dato che ha già in mano il pezzo di pane offertogli da Gesù. Siamo nel refettorio dove i monaci consumavano i pasti, un ambiente architettonico che sembra continuare in uno sfondo illusionistico dato da volte e finestre arricchite da una moltitudine di simboli animali e vegetali fra cui le ciliegie. Anche nelle più delicate ed intime scene dove Maria è accanto al Bambino, lo tiene fra le braccia, lo culla, lo bacia teneramente o gioca con Lui, compaiono delle rosse ciliegie, a volte in rametti, a volte come elementi singoli o all’interno di grandi ceste. Versioni diverse che ruotano attorno alla simbologia della ciliegia in scene silenziose di estrema incisività e poesia, scandite dagli sguardi e dai gesti dei protagonisti ora pensosi e melanconici, ora giocosi ed allegri. Eppure, il simbolismo della ciliegia è pur sempre triste: la Passione di Cristo. Un bellissimo esempio del realismo della Pittura fiamminga del ‘500 lo regala G.David nel dipinto “Madonna con bambino e zuppa di latte” (1515): Maria, nell’intimità delle mura domestiche, imbocca al mattino il proprio bambino che tiene sulle ginocchia. Ma Gesù ha in mano un rametto di ciliegio, con foglie e amarene; vi ci gioca? No, è visibilmente assorto: in realtà, medita sul proprio destino. Quasi certamente, la prima raffigurazione pittorica in assoluto di ciliegie con Maria ed il Bambino è quella della Chiesa di Santa Maria in Viatosto, in provincia di Asti. In una splendida tavola lignea trecentesca, la Madonna ha in mano due ciliegie e la si potrebbe pensare come una madre che le porge al proprio figlio. In realtà, è il Bambino che con una mano tiene già saldamente il cestino colmo di visciole, mentre con l’altra prende lui le ciliegie e, per farlo, si sporge dal grembo della madre, quasi per tenerglielo a distanza a significare che il cesto con le ciliegie, ossia la Passione, gli appartiene. Nel ‘400 e nel ‘500 tanti illustri Pittori italiani riprendono lo stesso tema, come il Correggio, Antonello da Messina e Tiziano. La “Madonna con il Bambino” del 1470 (Antonello e Jacobello da Messina) raffigura Maria con Gesù accanto ad un parapetto: Lei, in un’elegante e sobria veste con ricami trasparenti e perle, avvolta da un mantello blu scuro, ha i capelli raccolti che cadono a ciocche sulle spalle; il Bimbo ha una tunica arancione e il ciondolo di corallo rosso al collo, con una manina benedice e con l’altra afferra alcune ciliegie dalla coppa di vetro: ciliegie, a forma di cuore, di colore rosso come il Sacrificio. Tra il 1516 e il 1518, Tiziano dipinge la ‘Madonna delle ciliegie’. Sullo sfondo una tenda rossa damascata fa da filtro tra le figure ed un sereno cielo azzurro. La Vergine è accompagnata dai Santi Giuseppe e Zaccaria. In primo piano, un Gesù sorridente e giocoso si dimena su un parapetto offrendo ciliegie alla Madre che però lo guarda piena di tristezza (Fig. 8). Niente da aggiungere a questa scena solo nell’apparenza silenziosa, eppure tanto capace di esprimere emozioni e stati d’animo attraverso gesti e sguardi, utilizzando ancora una volta la simbologia della ciliegia con estrema incisività. Ma questo è tipico dei grandi Maestri del nostro Rinascimento.
2021
M.G.Bellardi (2021). Un’Amarena tira l’altra. Arte, storia e virtù di una ciliegia aspra, ma pur sempre irresistibile. UNIVERSITÀ APERTA TERZA PAGINA, 31(3), 5-8.
M.G.Bellardi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/842394
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